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Bondi e Consulta: gennaio thriller

Silvio Berlusconi

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Per maggioranza e opposizione sarà un gennaio thriller. Due gli eventi che terranno i partiti in apnea: la discussione sulla mozione di sfiducia che il Pd ha presentato alla Camera contro il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi e, soprattutto, la decisione della Consulta sul legittimo impedimento. La sfiducia a Bondi sarà calendarizzata quando riprenderanno i lavori parlamentari, il 10 gennaio. Mentre la sentenza della Corte Costituzionale, prevista per l'11 gennaio, potrebbe anche slittare al 25. Poco male. Non mancheranno le tensioni, visto che ancora tiene banco il tentativo del premier Berlusconi di assicurarsi una maggioranza solida a Montecitorio. L'obiettivo è saldare l'azione di governo con i due nuovi gruppi su cui hanno scommesso gli strateghi del centrodestra: quello di Responsabilità nazionale, che raccoglie i deputati Scilipoti, Calearo, Cesario, Moffa e gli altri, e quello della Vita, che potrebbe nascere presto raccogliendo parlamentari eletti con Udc, Pd e Idv che si riconoscono nei valori cattolici «a cui si ispira il governo». Se a questo si aggiunge l'inquietudine della Lega, che potrebbe spingere Bossi e company a insistere per le elezioni, allora ne esce fuori un inizio 2011 piuttosto vivace. Il punto più rilevante resta comunque la decisione della Consulta. Se nell'intenzione del neoeletto presidente Ugo De Siervo il rinvio dal 14 dicembre all'11 gennaio dell'udienza sul legittimo impedimento doveva mettere i giudici al riparo da un clima politicamente surriscaldato dal concomitante voto di fiducia al governo, paradossalmente la Corte rischia ora un effetto boomerang. Il suo verdetto sulla legge che «blinda» il premier, almeno fino all'ottobre 2011, dalla continuazione dei tre processi a suo carico (Mills, Mediaset e Mediatrade), potrebbe diventare terreno di scontro politico e legarsi alla stessa sopravvivenza dell'esecutivo. Dunque l'attesa è massima, tenuto conto dell'avvertimento dello stesso Berlusconi che ha già definito «indecente» un'eventuale bocciatura del legittimo impedimento. In ogni caso da giorni comincia a farsi strada l'ipotesi di una soluzione di compromesso: la Corte potrebbe non arrivare a una bocciatura totale, come fu per il lodo Alfano, ma compiere un'operazione chirurgica con una sentenza interpretativa di rigetto o, più probabilmente, di illegittimità parziale. Se infatti la Corte riterrà che la legge-ponte a suo tempo proposta dall'Udc non sia una immunità (da fare con legge costituzionale) ma solo una integrazione di un istituto processuale già esistente, allora potrebbe anche «salvare» la tipizzazione (con norma ordinaria) dei casi di impedimento del premier o dei ministri a non presentarsi in udienza (per partecipare al consiglio dei ministri, a lavori parlamentari, a riunioni di organismi internazionali, etc). A patto però che ciò avvenga con la valutazione del giudice, di volta in volta, sul rinvio o meno dell'udienza. Se l'obiettivo fosse quello di superare qualsiasi rischio di automatismo della legge, allora a cadere potrebbe essere l'attestazione dell'impedimento da parte della presidenza del Consiglio, ma anche - viene ipotizzato in ambienti della Consulta - la durata del legittimo impedimento fino a sei mesi (previsti dall'art. 1, comma 4). A rischio di illegittimità parziale anche l'estensione dell'impedimento alle «attività preparatorie e conseguenti nonché di ogni attività comunque coessenziali alle funzioni di governo». Il Pd definisce le indiscrezioni plausibili ma parla comunque di «un netto ridimensionamento del testo voluto dal governo». Mentre l'Idv va oltre. «Rispetteremo in ogni caso la decisione della Consulta sul legittimo impedimento. Quello che non possiamo accettare è che il presidente del Consiglio ottenga l'impunità giudiziaria e sia praticamente esente da ogni responsabilità». Per questo il portavoce del partito, Leoluca Orlando, annuncia la possibilità di ricorrere al referendum. Poi c'è la questione Bondi. Il ministro ha più volte teso la mano all'opposizione, chiedendole di distinguere tra le carenze oggettive nel patrimonio culturale del Paese e le sue effettive responsabilità. Bondi ha scritto anche una lettera a Bersani per invitarlo a ragionare ma, almeno per ora, non c'è stato niente da fare.

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