Lula si tiene stretto Battisti Ora l'Italia punta su Dilma
Lo schiaffo è stato forte. Lula ha confermato tutte le più fosche previsioni pronunciando un no secco all’estradizione di Cesare Battisti. Lo ha fatto in maniera sprezzante senza la prevista comunicazione «riservata» alle autorità italiane. Lo ha fatto attraverso una nota letta alla stampa dal ministro degli Esteri brasiliano Celso Amorim. E ora la battaglia diplomatica si preannuncia durissima. Silvio Berlusconi l'ha detto chiamaramente, commentando a caldo la decisione: «Considero la vicenda tutt'altro che chiusa. L'Italia non si arrende e farà valere i propri diritti in tutte le sedi». Così a meno di 24 ore da quella che il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha definito una scelta «incomprensibile», arrivano i primi atti concreti. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha richiamato per consultazioni l'ambasciatore italiano in Brasile Gherardo La Francesca. Oggi lascerà il Paese, ma prima parteciperà alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente Dilma Rousseff. Ed è proprio sul successore di Lula che l'Italia punta per rivedere la decisione. Dopotutto, come ha ricordato Frattini, fu proprio lei qualche settimana fa, in piena campagna elettorale, ad esprimersi a favore dell'estradizione del terrorista che in Italia deve scontare due ergastoli per quattro omicidi. «Credo che Lula deciderà - aveva detto -, ma nel caso non lo faccia, si dovrà applicare la decisione del Supremo Tribunal Federal: e tale decisione è stata chiara». Il riferimento era alla sentenza del 18 novembre 2009 con la quale i giudici dell'Alta Corte si erano pronunciati (5 voti contro 4) per l'estradizione, ma lasciando la decisione ultima al presidente brasiliano. Ora l'Italia si augura che Dilma voglia dar seguito a quelle parole. Per questo ieri l'ambasciatore La Francesca ha consegnato al Segretario generale del ministero degli Esteri brasiliano Luis Nogueira, una lettera che sottolinea «la ferma determinazione del governo italiano ad esperire tutte le possibili vie legali per ottenere l'estradizione in Italia di Battisti». Il messaggio rileva il «forte auspicio» del nostro Paese «affinché il nuovo Presidente possa rivedere la decisione del suo predecessore ed uniformarsi alla sentenza del Tribunale Supremo Brasiliano». La speranza, quindi, è che il tribunale verifichi l'incompatibilità della decisione di Lula con la sentenza. In ogni caso la prossima mossa sarà quasi certamente ancora italiana: il legale di Roma Nabor Bulhoes, ha più volte detto in queste ore che intende presentare un ricorso contro l'estradizione, in quanto «atto evidentemente illegale ed abusivo». Il tempo gioca a favore del nostro Paese. Infatti Battisti, che si trova ancora nel carcere di Papuda a Brasilia (deve scontare due anni per essere entrato nel Paese sudamericano con un passaporto falso ndr), non potrà essere liberato finché l'Alta Corte, che rimarrà chiusa fino a febbraio per la pausa estiva, non avrà formalizzato l'atto. Non è molto, ma abbastanza per lasciare un po' di margine di manovra. Di certo non sarà una battaglia facile. Il nuovo ministro della Giustizia José Eduardo Cardozo, poco prima dell'insediamento del nuovo governo, ha detto che è «assolutamente normale che il governo italiano si manifesti nel modo che vuole sul caso» ma che è «altrettando legittimo che il Brasile eserciti la propria sovranità nel prendere le proprie decisioni». E non va sottovalutato, poi, il fatto che il nuovo presidente è comunque una pupilla di Lula che continua a godere di immensa popolarità in tutto il Paese. La strada, insomma, è tutta in salita.