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Ratzinger si fa ponte tra due mondi

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Papa Benedetto XVI

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Tertulliano lo affermò solennemente nel II° sec. D.C.: Il sangue dei martiri è il seme che genera la Chiesa. Il sangue, la mattanza apocalittica - 21 morti e 8 feriti - , il corpo come fattore e perfino forma dell'eversione dell'ordine e della pace mondiali, ad opera del fondamentalismo wahabita, sta diventando l'unità di misura della civiltà mondiale tanto globalizzata quanto sradicata. Stavolta siamo in Egitto, Alessandria d'Egitto, durante la Messa di Capodanno, ad inizio di un nuovo anno e chiusura del primo decennio del XXI° secolo. Ammazzati, stavolta, cristiani copti, il dieci per cento circa della società egiziana, larga parte del ceto medio e della borghesia di questo Paese. Il martirio non è cosa che si possa strappare alla mano onnipotente di Dio; chi lo cerca, con voluttuoso cupio dissolvi, non è un martire, perché martire vuol dire testimone della fede, non suicida. Casomai è il figlio di Satan, l'Accusatore. In questa violenza pervasiva si manifesta un j'accuse. Accusa nei confronti del proprio simile, come uomo, e del proprio fratello arabo, considerato il Male in quanto osservante di un'altra confessione religiosa, il cristianesimo. L'ideologia religiosa violenta del wahabismo fondamentalista sta mixando il leninismo con un'idea aberrante, a-religiosa e disumana del martirio: il kamikaze. Lenin in Arabia. Un singolo contro il popolo. Il Papa reagisce cosciente del peso della realtà: di fronte alle «discriminazioni, ai soprusi e alle intolleranze religiose, che oggi colpiscono in modo particolare i cristiani - osserva il Pontefice - ancora una volta rivolgo un pressante invito a non cedere allo sconforto e alla rassegnazione». Per costruire la pace nel mondo «non bastano le parole, occorre l'impegno concreto e costante dei responsabili delle nazioni». Jihad vuol dire sforzo. Lo sanno anche i copti: «Lo sforzo islamico di ripulire il Medio Oriente dai cristiani è aumentato», osserva un sito copto. Il Papa, come Pontifex, si fa Ponte tra due mondi, l'Occidente e l'Islam. La libertà religiosa è il perno della libertà umana. Se esso non viene riconosciuto anche in un solo Paese o in un'intera area del mondo globalizzato, salta tutto. Le libertà insieme si tengono e insieme cadono. Anche i cristiani, dunque, devono essere liberi di professare la propria fede in terra islamica. Cominciamo con il difenderli, afferma il Papa. Un monito anche all'Occidente sconcertato dalla mattanza dei cristiani nel mondo arabo, ma, nel contempo, tenacemente arroccato nella propria debolezza documentabile, dagli anni Settanta del secolo scorso, come la più grave colpa culturale mai commessa nell'èra moderna. Questo Occidente, che sbeffeggia il Papa e ogni religione, anche l'Islam religioso e praticante, non intende riconciliarsi con la sua matrice cristiana. Un doloroso divorzio che sta lacerando anche la Chiesa e Benedetto XVI sta richiamando l'Occidente e l'Europa imbarazzata, neoborghese, per dirla con Del Noce, nichilista, burocratizzata e iper-statolatrica, ai loro compiti destinali. Il sangue dei copti in Egitto rappresenta la corda alla quale l'Europa si sta impiccando. Difendere i cristiani equivale a difendere più di 600 milioni di persone dalla morte per asfissia spirituale. La cronologia aiuta a riflettere: Papa Benedetto XVI è stato eletto nel 2005, lo stesso anno in cui viene pubblicato, in inglese e arabo, il report del Council on Foreign Relations, think-tank presieduto da Madeleine Albright e Vin Weber, "La democrazia nel mondo arabo. Come e perché sostenerla". La tesi: esiste un Islam democratizzabile e il fondamentalismo si può battere, accentuando i caratteri progressivi dell'Islam "buono". I kamikaze uccidono questa tesi un po' da anime belle acculturate e con i sensi di colpa tipici di certa élite progressista americana. Il Papa va oltre e richiama alla densità concreta della difesa dei corpi dei cristiani. Da parte dell'Occidente. Occidente - Aben-Land - vuole anche dire, Terra del Tramonto. Ricordiamolo sempre.

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