Il Terzo polo e i tormenti di Pier
È verosimile che il 2011 possa essere, malgrado gli scongiuri di Casini, l’anno del fallimento (annunciato) del Terzo Polo. Tutto lo lascia prevedere. A cominciare dal fatto che i "turbamenti" del (non più tanto) giovane Casini - al pari di quelli che tormentavano Törless nel celebre romanzo di Robert Musil - si traducono in un patetico ondeggiamento di fronte alle scelte politiche da effettuare. La situazione di Casini non è, infatti, delle migliori. E lui, Pierferdinando, vecchia volpe della politica italiana, non può non rendersi conto che la prospettiva del Terzo Polo, il Polo della Nazione, non ha spazio in un sistema che, piaccia o non piaccia, è frutto di una logica di tipo bipolare. Il Terzo Polo - così come è stato, sia pure in embrione, messo in piedi sotto forma di coordinamento parlamentare di gruppi e microgruppi politici - non ha né l'omogeneità culturale né la chiarezza programmatica di un partito. È, piuttosto, una struttura politica per la quale è stata temporaneamente accantonata la questione della leadership interna e nella quale sono stati messi da parte, pur essi temporaneamente, problemi di identità culturale delle sue componenti. Al suo interno si ritrovano a convivere posizioni diversissime, per esempio, sui temi etici: e non si vede come, al dunque, possano, almeno in questo settore, ritrovarsi in un compromesso, culturale e identitario, i cattolici dell'Udc con i laicisti del Fli. E questo non è l'unico ostacolo che si para sul percorso di crescita del Terzo Polo. In questa situazione i "tormenti" del (non più tanto) giovane Casini appaiono comprensibili. Come leader dell'Udc, di un partito ormai troppo a lungo rimasto lontano dalle stanze del potere, egli è evidentemente tentato di fare il grande passo, rispondere positivamente agli ammiccamenti che gli vengono fatti e avvicinarsi alla maggioranza. Sarebbe, tutto sommato, un ritorno all'ovile benedetto dalle gerarchie ecclesiastiche e gradito, con molta probabilità, dalla parte più consistente del suo elettorato. Ma lo vorrebbe fare, questo passo, dettando tempi e condizioni. E non è facile perché, soprattutto dopo il risultato del voto di fiducia da parte della Camera, non sembra percorribile la strada, a lui cara, di entrare al governo attraverso la "via parlamentare" cioè, in sostanza, attraverso una crisi pilotata o, se si preferisce, una falsa crisi. È impensabile che Berlusconi possa accedere a una ipotesi del genere, che era stata già rifiutata a suo tempo e il cui rifiuto, anzi, aveva costituito la premessa dello scontro parlamentare. Che il Cavaliere possa avere interesse a recuperare l'Udc - superando le preclusioni della Lega e anche le obiezioni di chi gli ricorda quale spina nel fianco sia stato Casini persino nei momenti della migliore collaborazione - potrebbe anche essere. Ma si tratta di un recupero che può avvenire soltanto attraverso una richiesta di ingresso, da parte dell'Udc, senza condizioni nella maggioranza e non attraverso il furbesco giuoco del ricorso a trattative di piccolo cabotaggio basate su false crisi o sulla distribuzione di poltrone e poltroncine secondo una prassi tipica della vecchia politica. Se riuscisse in una operazione di allargamento della maggioranza in questi termini, o eventualmente anche attraverso l'attrazione di un numero consistente di singoli parlamentari, Berlusconi otterrebbe un successo politico che andrebbe a consolidare quello già registrato nello scontro parlamentare sulla fiducia al governo. Un successo che gli consentirebbe di guardare con un certo ottimismo al proseguimento della legislatura. I "turbamenti" o "tormenti" che dir si voglia del povero Casini nascono dalla posizione di forza nella quale si trova Berlusconi. E dalla sua disperata ricerca di una soluzione che gli consenta di rimettere un piede nella stanza del potere senza dare l'impressione di cedere o essere costretto a fare un passo indietro. Ed è proprio come estremo tentativo che egli prova ad agitare l'arma del Terzo Polo, del Polo della Nazione, quale possibile interlocutore. Ma è un'arma spuntata. Anche perché (ed è comprensibile) Berlusconi - se può discutere con l'Udc o con l'Api o con singoli parlamentari - non potrà mai parlare con un Fli, che si rifiuta di riconoscere, o con un Terzo Polo che abbia come componente essenziale proprio il Fli. Stando così le cose, i "turbamenti" o "tormenti" di Casini rischiano non di portare l'Udc al governo e di ampliare la maggioranza, ma di affrettare la corsa verso uno scioglimento delle Camere che rimane pur sempre uno scenario plausibile. In ogni caso, entrambe le ipotesi - quella dell'allargamento della maggioranza e quella delle elezioni - sarebbero un De Profundis per il Terzo Polo. Il 2011 ce lo confermerà.