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Braccio di ferro Capitale

Renata Polverini e Gianni Alemanno

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Lei non ama i passi da gambero, tiene sempre il punto. È rarissimo che decida di piegarsi. Vive la tensione delle decisioni ma non concede sconti a nessuno, a partire dai suoi fedelissimi. Lui, invece, media con tutti anche nelle situazioni in cui l'uscita sembra impossibile. Non si dà mai per sconfitto, non si arrende. Anche quando le cose gli girano contro ed è costretto a fare buon viso a cattivo gioco. Renata Polverini e Gianni Alemanno. Ovvero «pensavo fosse amore (politico s'intende) invece era un calesse». La citazione dell'indimenticabile Troisi ha un senso ormai evidente. La governatrice del Lazio e il sindaco di Roma sono ai ferri corti. Non è soltanto colpa del bilancio della Regione approvato il 24 dicembre in extremis. Certo il documento economico ha avuto un peso: non ha finanziato Roma Capitale e ha risparmiato nelle spese verso la città eterna. Ha riconosciuto fondi a Tor Bella Monaca e al trasporto pubblico, è vero, ma è rimasto sotto le aspettative di Alemanno. E nulla hanno potuto le diplomazie che hanno lavorato fino all'ultimo momento. Il quadro più ampio è sotto gli occhi di tutti. Nove mesi fa quando la sindacalista dell'Ugl conquistò la Regione Lazio contro ogni pronostico sembrava davvero che il puzzle fosse completo. Il centrodestra aveva strappato a Pd e company il Campidoglio e ora, con la vittoria alle Regionali, poteva consolidarsi come vero e proprio blocco di potere. E la coppia Polverini-Alemanno sembrava piuttosto affiatata. Sono trascorsi pochi mesi e la realtà è tutt'altra cosa. Chi si aspettava (ed erano parecchi nell'universo alemanniano) una governatrice-bancomat, cioè pronta ad aprire il portafoglio per Roma sempre e comunque, è rimasto deluso. Pensavano che la Polverini, partita da zero sotto braccio a Berlusconi, sarebbe stata una sorta di Badaloni o Marrazzo: con un'autonomia limitata e, soprattutto, una riconoscenza illimitata nei confronti del sindaco di riferimento. Ma il pasticcio della lista del Pdl, rimasta fuori dalle consultazioni nella circoscrizione di Roma e provincia, ha creato uno scenario inatteso. Oggi nel Lazio il Pdl ha 16 consiglieri, la lista Polverini 15. Numeri che stanno dalla parte della governatrice, che non regala niente a nessuno. Anzi che sembra più rigida verso i suoi che verso gli altri. Non è un caso che siano ancora bloccate le nomine nelle società regionali più importanti: poltrone in cui dovrebbero sedersi gli esclusi della sfortunata lista. Insomma, la Polverini è autonoma e non ha complessi d'inferiorità. Ha blindato il vertice della Regione, dando ai suoi ex collaboratori dell'Ugl incarichi decisivi (come l'assessorato al Bilancio) e va per la sua strada. In questo quadro il Pdl resta a rimorchio. Fino alla stravagante trattativa per il bilancio discusso prima di Natale. I due giorni peggiori sono stati il 22 e il 23: servono i soldi per Roma ma non arrivano, «Alemanno è furioso» dicono alcuni consiglieri del Pdl. Il boccino lo prende il capogruppo alla Pisana Franco Fiorito. Prima chiude con l'opposizione, che ritira i suoi 1.800 emendamenti alla manovra, poi va alla questione più intricata: i fondi per Roma. E qui succede il patatrac, non c'è l'intesa. Tanto che gli esponenti del Pdl nella seduta del 22 dicembre sono costretti a uscire dall'Aula facendo saltare il numero legale. Il presidente del Consiglio Mario Abbruzzese storce il naso ma guarda avanti. A frittata ormai fatta chiamano i coordinatori regionali del partito, il deputato Vincenzo Piso e l'eurodeputato Alfredo Pallone. Quest'ultimo avrebbe fatto una lavata di testa al capogruppo alla Pisana: «Ma come fa ad uscire dall'Aula il partito di maggioranza?», avrebbe più volte urlato verso Fiorito. Mentre la governatrice Polverini sottolineava che era necessaria una manovra di rigore e che non avrebbe permesso sperperi. Alla fine, passata l'alba del 24, è arrivata la quadra: soldi alle province, ad alcuni progetti per la città eterna ma niente per Roma Capitale, su cui la Polverini e Alemanno sono spaccati da sempre. Lei non vuole rinunciare ai poteri che lui rivendica per la città. Soprattutto alla facoltà di controllare, e in caso bloccare, gli atti del Comune in materia urbanistico-ambientale. Quindi niente da fare. Peraltro se il secondo decreto che dà nuovi poteri al Campidoglio verrà discusso soltanto tra un anno, allora sarebbe inutile assegnare in questo momento soldi a Roma, sottolineano i fedelissimi della Polverini.   In ogni caso se qualcuno era convinto che l'ex segretaria dell'Ugl potesse diventare l'alfiere di Alemanno alla Regione deve ricredersi. Lei non è né contro né con. Peccato che nel linguaggio della politica significhi contro. Poco male. Il sindaco non molla. E le diplomazie sono al lavoro per ricucire i rapporti. Affinché il calesse diventi anche un po' amore.

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