Oggi ultimo round al Senato
La svolta arriva alle 19.30 quando nell'Aula di Palazzo Madama prende la parola il presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. Un intervento che segna la fine delle ostilità dopo una giornata di polemiche e ostruzionismo. «Lasciateci discutere questa legge con i nostri argomenti - dice -. Il testo può essere votato domani (oggi ndr) intorno alle 13 con le dichiarazioni di voto in diretta tv». È il segnale di distensione che un po' tutti aspettavano. Il presidente Renato Schifani, dopo due tentativi falliti, convoca la terza capigruppo della giornata. Stavolta l'accordo c'è. La seduta, che doveva finire a mezzanotte, viene interrotta alle 21. Si ricomincia stamattina dalle 9 alle 15 quando inizieranno le dichiarazioni di voto in diretta televisiva. E a meno di clamorose sorprese, entro le 16, il disegno di legge di riforma dell'università avrà il via libera definitivo. Insomma, in assenza del previsto assedio degli studenti a Palazzo Madama, ci hanno pensato i senatori a regalarsi una giornata da "reclusi". Merito (o demerito dipende dai punti di vista) del "teatrino" messo in scena martedì sera quando il presidente di turno Rosi Mauro si è fatta prendere la mano e nel caos totale è andata avanti con le votazioni approvando alcuni emendamenti dell'opposizione. La scelta di Schifani di ripetere il voto ha convinto l'opposizione a salire sulle barricate. Anche perché, al di là del «caso Mauro», resta un problema di fondo. Secondo Pd e Idv, dopo le modifiche apportate alla Camera, il ddl Gelmini contiene una palese contraddizione. Tutto ruota attorno all'articolo 11 della legge Moratti. Che viene modificato dall'articolo 6 della riforma universitaria, mentre viene soppresso dall'articolo 29 della stessa legge. Il ministro ha assicurato che questo «pasticcio normativo» verrà risolto in sede di conversione del decreto milleproroghe. Ma l'opposizione non ci sta. E accusa la maggioranza di non voler intervenire perché ha paura di discutere nuovamente il testo alla Camera. Quando alle 9.32 il Senato torna a riunirsi la battaglia ha inizio. La tensione è alle stelle. Si procede a rilento a causa dell'ostruzionismo. Si cerca una mediazione all'interno della conferenza dei capigruppo. Comincia a circolare la voce che il consiglio dei ministri, riunito a Palazzo Chigi, possa autorizzare la fiducia per uscire dall'impasse. Alle 13, quando si riprende dopo l'interruzione, Finocchiaro prende la parola: «Abbiamo fatto una proposta molto chiara. La maggioranza si impegni a cancellare questa norma incomprensibile e contraddittoria. Abbiamo detto: ci sia l'intesa per eleiminare l'articolo 29 e l'esame procederà. Di fronte a questa ragionevolissima proposta ci è stato risposto in maniera negativa. A questo punto il mio gruppo ritiene di non accedere a nessun accordo sul prosieguo dei lavori. Faremo ricorso a ogni strumento previsto dal regolamento, ma senza incendiare alcunché». L'ostruzionismo diventa durissimo. Quando alle 14 i lavori vengono interrotti per la pausa pranzo è una liberazione. L'Aula di svuota rapidamente mentre il senatore del Pd Flavio Bertoldi ricorda, tra gli applausi di pochi superstiti, Enzo Bearzot. Si ricomincia alle 16 e la musica non cambia. A questo punto Schifani annuncia il contingentamento dei tempi per le opposizione. E l'atmosfera si infiamma. Si cerca una nuova mediazione tra i capigruppo. Niente da fare. Finocchiaro attacca: «Se lei presidente non riuscirà ad essere garante di questa discussione, vorrà dire che dovremo rivolgerci ad altri». Schifani incassa e replica piccato: «Questa non è un'arena, non siamo a uno stadio. Chi impedirà lo svolgimento dei lavori se ne assumerà la responsabilità». Tra interruzioni e reciproche accuse i lavori procedono a spizzichi e bocconi. Fino alla inaspettata mediazione finale. Si chiude con l'approvazione quasi unanime dell'articolo 20 (sui 29 totali). Il clima sembra tornato sereno anche se l'opposizione è pronta a riprendere l'ostruzionismo se qualcosa dovesse andare storto. Stamattina va in scena l'ultimo round. Poi si chiude. Si ritornerà in Aula il 12 gennaio. Sperando di non dover più assistere a un simile "spettacolo".