Cari studenti, auguri e vizi maschi
Cari studenti divisi tra l'aula e la piazza, permettetemi di augurarvi un buon Natale e un felice Anno Nuovo rivolgendovi un piccolo consiglio sul modo di riapproprarvi di quel futuro che voi temete che vi sia stato rubato da questo governo. È un consiglio semplicissimo. Smettete subito di immaginare che per riappropiarvi del vostro futuro basti scendere in piazza, gridare degli slogan, provocare dei disordini e sbandierare qualche ideale. E affrettatevi a scoprire che proprio questa illusione potrà assicurarvi al contrario un futuro di merda. Giacché sventolare ideali è la pratica insieme più facile e perniciosa a cui ci si possa votare. Perché “più facile”? Perché a sbandierare ideali non ci vuole proprio niente. Basta essere un poltrone presuntuoso, votato magari a un futuro da povero fallito rancoroso. Lo sbandieratore di ideali non è infatti tenuto a sapere alcunché di concreto e di preciso circa il modo in cui si potrebbero mai realizzare le loro promesse. Occorre soltanto aver voglia di darsi all'arte del demagogo, o alla professione del capetto, o al mestiere del gregario. Perché “perniciosa”? Perché la storia si è incaricata da un pezzo di dimostrare che il risultato concreto dei grandi ideali sono spesso, se non sempre, delle autentiche catastrofi. Tutte le più feroci e sanguinarie tirannie, rosse e nere, del nostro tempo, non sono forse nate da quel gagliardo idealone che fu e resta l'utopia comunista? Sembra insomma che la funzione degli ideali sia proprio quella di generare il loro esatto contrario. E dev'essere proprio per questo che tutte le persone veramente creative e produttive, capaci di conseguire dei risultati importanti nel loro campo, non riescono mai a condividere, nel profondo del loro animo, la spesso tronfia fame di ideali che è tipica degli intellettuali privi di qualsiasi talento fuorché quello ncessario per scodellare chiacchiere a getto continuo. Nell'attività delle persone veramente creative e produttive spicca sempre, al contrario, un aspetto non meno evidente che misconosciuto, ossia il fatto che il loro rapporto con ciò che fanno, coi mezzi, gli strumenti e i materiali della loro attività, non nasce mai da qualche “ideale”: nasce piuttosto sempre da un'ossessione, da una vocazione maniacale, da una fissazione così esclusiva che può addirittura sembrare viziosa. Non è del resto evidente che per raggiungere l'eccellenza, in qualunque campo si operi, occorre legarsi a un'attività che esige di essere praticata in maniera implacabilmente metodica? Bisogna starsene dieci ore al giorno legati a una tastiera per diventare Glenn Gould. Bisogna votarsi a ore e ore di disperatissimo studio per diventare Leopardi. Bisogna esercitarsi tutti i santi giorni con un pallone per diventa Diego Armando Maradona. E anche per diventare un cavaliere d'industria e di potere del rango di quel Berlusconi che molti di voi detestano, forse, proprio perché lo sentono dotato di quelle risorse di volontà e tenacia di cui temono di esser privi, bisogna lavorare tutto il santo giorno come un somaro. Si direbbe dunque che le doti di quelle persone che sanno, ciascuna nel proprio campo, conquistarsi un futuro onorevole, assomiglino, paradossalmente, più a qualche vizio che a qualche virtù. Ragion per cui permettetemi di concludere di questo bigliettino di auguri esortandovi a scoprire che mentre il bla bla sugli ideali può uscire anche dalle bocche dei più fatui sfaccendati, per coltivare un vizio occorre invece passione e tenacia.