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Futuristi in fuga su Marte

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Finiani

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Chi ha staccato i microfoni a Futuro e Libertà? Com'è che l'interventismo dei suoi esponenti di maggior spicco è cessato dal pomeriggio del 14 dicembre? Dove sono finiti i queruli agitatori che avrebbero voluto placare la loro sete giustizialista con una rigenerazione catartica del centrodestra espellendo dalla vita politica l'odiato Caimano? Spariti dalle tv, dai giornali, dai siti web sui quali imperversavano, contraddicendosi l'uno con l'altro, a tutte le ore del giorno e della notte. Credo si siano allontanati dalla politica virtuale per rientrare in oscuri anditi dove, certamente, staranno meditando intelligentissime riapparizioni. Nessuno di loro, beninteso, ha promesso di riguadagnare la scena perduta, ma non è possibile che dopo tanto discettare di sistemi massimi e minimi adesso, per via di una battaglia perduta (ancorché con perdite ingenti), vogliano limitarsi a nuotare sotto il pelo dell'acqua. È questione di tempo, vedrete, ma certamente riemergeranno. Il problema sarà semmai da quale pulpito tenteranno di rinnovare i fasti del recente passato. Dopo Mirabello e Bastia Umbra sembrava che la presa del Palazzo d'Inverno fosse imminente, ineluttabile, indiscutibile. E invece abbiamo visto come è andata. Sorge a questo punto il sospetto che i numerosi riflettori che hanno abbagliato i futuristi-libertari siano stati accesi per mettere in ombra il Cavaliere, il suo governo, la maggioranza, non perché il verbo finiano convincesse masse in attesa dell'illuminazione. Semplicemente perché un cavallo di Troia val bene un dispiego tanto imponente di mezzi quale non è stato riservato neppure al vecchio Pci che moriva per incarnarsi in una «Cosa» (così fu chiamata all'epoca la creatura partorita da Botteghe Oscure) dall'incerto e fragile avvenire. Abbiamo avuto l'impressione in questi ultimi mesi che sia dato più rilievo da parte dei media alle gesta di Fli, ai sospiri della sua improvvisata intellighenzia, agli alti lai di una nomenklatura che fino a poche settimane prima non faceva che cantare le lodi, anche con toni francamente imbarazzanti, di Berlusconi e del berlusconismo che ai contenuti della rivolta scatenata dal presidente della Camera nel Pdl. Non essendo riuscito nell'intento, Fli è stato in poche ore abbandonato dai mezzi di comunicazione. Ingrati. Ci hanno campato per due stagioni e con l'approssimarsi dell'inverno gli hanno dato il benservito. Non si fa così. Non è bello, non è elegante. «Repubblica» e il «Fatto quotidiano», Raitre e SkyTg24 hanno scaricato frettolosamente coloro che avevano finito per adottare il linguaggio di D'Avanzo e di Travaglio, che come i due fogli della sinistra invocavano un repulisti repubblicano, legalitario, «responsabile», nemmeno fossero dei Saint-Just in sedicesimo, perché inservibili, ormai usurati. E adesso? Il «cattiverio» che tocca a chi fallisce si è dischiuso davanti ai fillini che hanno tentato senza riuscire nell'intento. Se la gratitudine è un sentimento della vigilia, come sanno bene Fini e i suoi, l'ingratitudine è la logica conseguenza di un servizio reso male. Un po' ci dispiace. Come trascorreremo le serate senza qualche vecchio amico perennemente in video proteso a spiegarci la sua destra aperta, dialogante, europea, felice di essere uscito da una destra evidentemente chiusa, scostante, terzomondista? E che faremo di fronte al web senza bollicine, effervescente, rinfrescante che ci raccontava che la destra più destra è la sinistra la quale, naturalmente, prima che glielo raccontassero, neppure sospettava di esserlo? Quanta malinconia. Speriamo che ogni tanto qualcuno restituisca i microfoni a chi vorrebbe avere un futuro ed anche un po' di libertà. Siamo in democrazia, diamine. Per quanto dominata da un ingordo Caimano.

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