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Torna a casa anche il «ragazzo con la pala»

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.Sirio M. è passato da un istituto d'accoglienza per minori direttamente alla sua «stanzetta» di sedicenne. Neanche una notte in cella. Per lui e Mario Migliucci, il tribunale di Roma ha disposto gli arresti domiciliari, scarcerando gli altri 22 imputati accusati di aver preso parte agli scontri e alle devastazioni avvenuti martedì nel centro storico della Capitale. Il pubblico ministero aveva chiesto la «permanenza in carcere». Il giudice ha deciso per la «permanenza a casa». L'udienza di convalida del fermo del giovane operato dagli uomini della Digos si è svolta ieri mattina al tribunale dei minorenni. Il gip Domenico De Biase aveva sotto gli occhi le foto tratte da fermi-immagine delle riprese video che mostravano un ragazzo con un giaccone beige, il cappuccio e una sciarpa bianca che gli copriva il volto. Il soggetto, poi riconosciuto per Sirio M., figlio di un ex simpatizzante di Autonomia Operaia attivo alla fine degli Anni '70, stringeva in una mano un manganello e nell'altra un paio di manette. Oggetti che erano stati sottratti poco prima a un finanziere aggredito dai manifestanti. Non c'era, a disposizione del gip minorile, un video completo in base al quale ricostruire con esattezza la dinamica dei fatti e capire se è stato davvero Mario a rapinare l'uomo delle Fiamme Gialle di manganello e manette. Il reato contestato dall'accusa è la rapina e il pubblico ministero Tullia Monteleone ha chiesto al giudice la misura della custodia cautelare in carcere. Dopo una ventina di minuti di camera di consiglio, il giudice ha deciso che, malgrado sussistano «gravi indizi di colpevolezza» il provvedimento restrittivo della «permanenza in casa» (l'equivalente per un minorenne degli arresti domiciliari) «è al momento adeguato e sufficiente». Questo, però, non significa che per Mario S. i guai sono finiti. Nei suoi confronti pende comunque un'accusa grave e, nei prossimi mesi o settimane, il giovane (difeso dall'avvocato Caterina Calia) verrà processato per il reato di rapina. Proprio in seguito alla scarcerazione, giovedì, di 23 dei 24 fermati durante gli scontri e le devastazioni avvenuti al Tridente era nata una polemica fra il sindaco di Roma e l'Associazione nazionale dei magistrati. Alemanno aveva criticato la scelta dei giudici di rimettere in libertà i giovani, protestando «a nome della città». Poi l'incidente diplomatico si era risolto. Ieri il primo cittadino ha parlato nuovamente degli incidenti, sottolineando che «tra i 23 arrestati probabilmente non c'erano i professionisti della guerriglia, che sono anche quelli che riescono a non farsi prendere. Credo - ha aggiunto Alemanno - fossero dei collaboratori, dei manovali, non le punte avanzate. Tuttavia - ha ribadito - non meritano sconti né indulgenza».

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