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Fini medita la resa

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Gianfranco Fini

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Il messaggio arriva in serata e porta la firma di Carmelo Briguglio. Cioè un fautore della linea dura dei finiani legatissimo a Italo Bocchino, quello che assieme a Fabio Granata verrà di fatto espulso dal Pdl nella drammatica riunione dell'ufficio di presidenza del partito il 29 luglio. Riunione che porterà all'uscita anche di Fini e alla costituzione dei gruppi autonomi. E allora, che cosa dichiara Briguglio, che oggi è il capo della segreteria politica di Fini? «Il Polo della Nazione esige non moderatismo finto, ma intelligenza sì - spiega il deputato finiano -. Se Berlusconi rinuncia all'antifinismo militante, alla linea dell'espulsione, di Montecarlo, dell'Aula trasformata in bivacco di cori contro Fini, dello shopping di deputati, è nostro dovere confrontarci con i toni giusti e nel merito. Dipende dal governo sviluppare la filiera legislativa finanziaria-università-rifiuti, passata in Parlamento con nostro voto determinante». Forse è presto e troppo per sostenere che si tratti di un messaggio di pace. Ma certamente è un'apertura. Una richiesta di dialogo. La prima senza provocazione incorporata. La prima dopo mesi che non contenga anche una battuta, una richiesta messa lì per essere rigettata. L'ultima volta che dal campo finiano era arrivata una proposta del genere accadde proprio quel 29 luglio, quando Fini, in un'intervista al Foglio, dichiarò: «Resettare tutto senza risentimenti». Un'offerta di pace che arrivò, per Berlusconi, troppo tardi. Sarà un caso ma proprio ieri Fini è stato esplicitamente mollato da Giuliano Ferrara. Anche il direttore del Foglio, l'unico del fronte del centrodestra (sebbene sia molto difficile incasellare Ferrara) a dare in parte ragione a Fini, lo ha di fatto invitato a dimettersi da presidente della Camera. Una presa di posizione che fa il paio con quella presa da Ezio Mauro, il direttore di Repubblica, appena mercoledì scorso. Si tratta in pratica dei due giornali che più di altri hanno difeso Fini in questi mesi, hanno sostenuto le sue tesi e in modo diverso - naturalmente - hanno cercato di supportare la sua battaglia. E invece sul Foglio di ieri è comparso un articolo fimato con l'elefantino, il logo che simboleggia gli editoriali dell'ex ministro del primo governo Berlusconi. Ferrara utilizza la formula del consiglio non richiesto al presidente della Repubblica e garbatamente, come si conviene alla situazione, fa notare il «tema della prassi»: «Il modo con cui Gianfranco Fini esercita la sua funzione di Terza carica dello Stato rompe la prassi in un punto delicatissimo: l'imparzialità formale, che non prevede l'apoliticità della carica; tutt'altro, ma implica doverosamente il porre una distanza protocollare chiara e visibile tra le funzioni della presidenza dei deputati e quelle di un attivismo politico esasperato, militante, aggressivo, sia di opposizione sia di governo». Di qui l'invito al Colle: «Sostengo che il presidente Napolitano dovrebbe segnalare, privatamente al presidente Fini e pubblicamente in forme solenni di moral suasion, l'indisponibilità per il presidente della Camera per giochi politici hard core».

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