Caro Saviano, quante stupidaggini
C’era una volta uno scrittore attento, capace di descrivere la realtà di "Gomorra" oltre i confini del Casalese, contribuendo a farla diventare - come in effetti è diventata - una questione nazionale. Proprio perché quella denuncia civile è stata coraggiosa e importante, sono convinto che la sua "lettera ai ragazzi in movimento", dedicata alle proteste e alle violenze degli ultimi giorni e pubblicata da la Repubblica, non venga dalla penna di Roberto Saviano, che pure formalmente la firma. Ne sono convinto perché quella lettera è un campionario di stupidaggini: …la protesta è completamente buona e mostra l'esistenza di "un'altra Italia"; i poliziotti sfogano rabbia e frustrazione su qualche bravo giovine per caso caduto in terra; è tutta colpa dei black block; ci sono gli infiltrati; la polizia fa come a Genova. Soprattutto: il governo è in difficoltà e minaccia i genitori che se permetteranno ai figli di andare in piazza, costoro torneranno pesti di sangue. Se, come ha fatto qualche anno fa nel Casertano, Saviano avesse raccolto informazioni sul campo, magari percorrendo qualche metro di via del Corso nel pomeriggio di martedì, avrebbe visto una realtà differente: giovanissimi, spesso minorenni (altro che suoi coetanei!) in cerca di pretesti per sfogare una violenza che già praticano - dentro e fuori la scuola - col bullismo e col teppismo, dopo essersi fatti di canna e di coca; incapacità di dire le ragioni della protesta; viltà nell'aggredire in venti chi indossa la divisa. Dove sono gli infiltrati? Faccia un solo nome; mostri le foto che li raffigurano. Dove sono i black block? Li ha filmati? Attenzione: con schemi e categorie di dieci anni fa comprendiamo ancora meno ciò che accade. E poi, che interesse avrebbe Berlusconi a delegittimare chi scende in strada, se costui protesta pacificamente? Quante manifestazioni ci sono ogni mese a Roma, e in tutta Italia? Da anni la possibilità di svolgere migliaia di cortei e di pubbliche proteste è pienamente garantita - non ostacolata - dalle forze di polizia e da qualsiasi governo. L'ammonimento di Saviano a non farsi coinvolgere nella violenza annega, allora, nella descrizione di una realtà diversa da quella che è. Per una volta ha ragione il no global Francesco Caruso quando parla di una "marea di pischelli pieni di rabbia": quasi rammaricandosi per lo scavalcamento, che mette da parte lui, e quelli come lui. Quell'ammonimento ha il suono di un irreale buonismo, contraddetto dal dato obiettivo della violenza generazionale, del nulla che cerca occasioni per armarsi, del disinteresse per la dialettica democratica. E su questo cede pure il Saviano in versione post gomorra: quando egli parla con disprezzo di "questo governo che…" (e giù il solito elenco), trascura che fa riferimento a uno schieramento che ha vinto le elezioni (elezioni, voti, schede… si è dimenticato che esistono?), che le ha vinte in base a un programma elettorale, e che sta cercando di applicare quest'ultimo non a colpi di mortaio, ma - come avviene per la riforma dell'università - con un serrato confronto in Parlamento, cioè nel luogo della democrazia. Certo, la piazza aiuta la democrazia a crescere. Ma quando la piazza prova a violare le sedi istituzionali? Quando, non riuscendo a violarle, spacca quanto incontra sul suo cammino? Merita comprensione? Ma davvero Saviano vuole convincerci che le violenze sono arrivate tutte da black block, da infiltrati e magari anche - non l'ha scritto ma forse gli è sfuggito - da uomini dei "servizi", mentre gli altri erano tutti poveri ragazzi innocenti? La realtà è che si fa presto a liquidare con sorriso di commiserazione chi da anni parla di "emergenza educativa", e invita a usare la ragione, pur essendo Maestro di fede. Un brutto giorno ci si sveglia e ci si accorge che giovani selvaggi attraversano le strade di Atene, di Roma e di Londra (guarda un po', le città sulle quali si è fondata la civiltà europea) e le mettono a ferro e fuoco. E si liquida tutto chiamando in causa governo in difficoltà e poliziotti frustrati? Via Saviano, torni a essere l'autore di "Gomorra", e non un lettore di elenchi datati col timbro di una ideologia frantumata. Che - ne sono certo - non le appartiene.