Bossi apre all'Udc: "Nessun veto"

L'Umberto ce l'ha fatta un'altra volta. Il leader della Lega Nord l'aveva detto fin dal giorno in cui venne depositata la mozione di sfiducia che Berlusconi avrebbe superato la prova e così è stato. Un successo per tutto l'esecutivo ma che non è bastato a tranquillizzare il Senatùr. Infatti, per Bossi, l'esiguo scarto di voti con cui il premier ha ottenuto la fiducia, potrebbe non garantire la stabilità al governo. In altre parole, anche la Lega sembra ammettere che la fiducia incassata da Berlusconi sia una vittoria «mutilata» e che le vere difficoltà inizieranno nel momento in cui la Camera dovrà esprimersi su qualsiasi provvedimento. Infatti ogni documento potrebbe essere a rischio bocciatura, qualora capitasse che in aula venissero meno, per impegni o malattie, i tre voti di scarto che in questa occasione sono stati determinati. Una difficoltà della quale è consapevole anche il ministro dell'interno Roberto Maroni che ha ammesso: «La partita comunque non è conclusa, abbiamo solo vinto il primo tempo». E per il secondo tempo? La strategia per tornare a mettere al sicuro il governo dagli attacchi di eventuali franchi tiratori è lo stesso Berlusconi a proporla a Bossi chiedendogli il via libera politico ad allargare la maggioranza all'Udc. Una richiesta che, fino a non molto tempo fa, sarebbe stata immediatamente respinta al mittente ma che ieri, il fedelissimo alleato del Cavaliere ha accolto con queste parole: «Non c'è nessun veto all'ingresso dei centristi». Certo è che in cambio, raccontano parlamentari molto vicini al Senatùr, il Carroccio ha avuto garanzie sul federalismo e sul fatto che, se con pochi voti non si riuscirà a governare, la strada obbligata sono le elezioni. Un'ultima chance a dimostrazione di una fedeltà e di una collaborazione sempre più forte tra Pdl e Lega. Un'opportunità sulla quale, però, sono proprio i vertici del partito del Sole delle Alpi a non scommettere. E così, se da una parte Maroni avverte il premier che, in caso di insuccesso, «non vogliamo fare la fine del governo Prodi», dall'altra è il ministro Roberto Calderoli a rincarare la dose: «Il governo mangia il panettone, ma penso che non mangerà la colomba, perché in mezzo ci saranno le elezioni». E, proprio l'ipotesi di aprire le urne anticipatamente, è stata un punto sul quale il presidente del Consiglio avrebbe discusso anche ieri con il leader del Carroccio. Ed è proprio il premier, durante la presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa a piazza di Pietra a Roma, a spiegare: «Sarebbe convenienza della Lega e nostra andare alle elezioni. Ma io sono convinto, e l'ho detto questo pomeriggio a Bossi, che una campagna elettorale in questi momenti è un qualcosa di cui il Paese non ha assolutamente bisogno». Così il Senatùr, nonostante in mattinata non avesse nascosto le sue perplessità su Pier Ferdinando Casini («Non mi pare un grande politico. Ha sempre votato contro tutto. Con noi potrebbe trovare difficoltà»), è tornato ad assecondare la strategia del Cav e ad accettare i centristi nel governo. Un atteggiamento che ha immediatamente portato Berlusconi a dichiarare: «Ho trovato sempre nella Lega un gran buon senso, e nel caso di puntiglio di alcuni singoli, interviene Bossi che non mi ha mai deluso nella capacità di trovare accordi e nella sua ragionevolezza».