Tribù manovrate e senza ideologie

Le sirene delle auto della polizia e forse anche delle ambulanze attraversano l’atmosfera gelata di questo dicembre che sembra profezia di un’instabilità permanente. La violenza dei gruppuscoli della nuova sinistra extra-parlamentare è il cronometro della nostra crisi. Bonanni, leader della Cisl, assalito dalla furia dei primitivi rossi, nipotini degli Autonomi. Durante il voto di fiducia al Governo Berlusconi: violenza, eversione primitiva, le solite parole d'ordine del subculturame rosso, non addomesticato dalla ragion politica. Siamo alle solite, tutto secondo copione, nessun mutamento, proprio da parte di coloro fanno del «cambiamento» della società il valore di riferimento. È grave, non è da refrain stolido, «non ci sono più le condizioni», etc. Tenere, dunque, alta la guardia e capire da chi provengono i segnali e le parole d'ordine «intellettuali» è decisivo. Chi sono i rivoltosi? Proprio quelli di cui c'è bisogno: le moltitudini senza capo né coda, senza ideologia, blackbloc, tribù di incazzati al servizio dei manipolatori di turno. Questi ultimi lavorano ancora, cambiano i nomi, ma non la «mission»: se non puoi vincere, rompi la macchina. E, se non ce la fai a rompere la macchina, rompi qualche cranio col casco. Tutto qua? No, manca un pezzo. Sono certo che manchi ancora un pezzo, manca ancora qualcosa. Infatti. Manca qualcosa. Trovato: mancano i legittimatori ideologici delle rovine prodotte dalle moltitudini. Leggo un pezzo pubblicato sul Manifesto, firmato da Marico Bascetta: Disturbate il manovratore. Ma la loro ideologia non era quella del «non disturbate il manovratore?». Quando Mao dominava la Cina con le armi e l'Occidente con gli intellettuali allo sbando? Leggo: «La manifestazione di oggi, il percorso che l'ha preceduta per tutto l'autunno, e che dovrà seguirla, hanno se non altro il significato di disturbare i manovratori, che si trovino al governo, all'opposizione o in transizione tra l'uno e l'altra. Metterli cioè di fronte a una ripresa di soggettività politiche, anche diverse ma in grado di riconoscersi, consapevoli delle violenze subite, decise a modificare i rapporti di forza che hanno soffocato la società italiana nell'ultimo ventennio». Sembra un volantino del '77, a firma Autonomia Operaia. Quando si scrive questa roba, qualcosa schizza sempre fuori, di sicuro la violenza delle nuove «soggettività politiche». Ne sanno qualcosa i poliziotti e i carabinieri - cioè, i veri poveri - di queste nuove «soggettività politiche». Ma non c'è limite al peggio. Ecco un articolo di Giorgio Cremaschi, pubblicato su Liberazione, titolo: Contro la Newco Italia. Cremaschi dà dell'ipocrita a Bonanni e infila anche la Gelmini: «Per gli studenti che scioperano, c'è la minaccia della bocciatura e le elezioni delle Rsu vengono cancellate. Fascismo chiama fascismo». Sul progetto di Marchionne, vengono spese parole di grande raffinatezza analitica: «Il successo di regime di Marchionne si spiega proprio perché, meglio di ogni altro, egli propone la soluzione reazionaria alla crisi economica e al suo perdurare». Ma la chicca è la conclusione, puro veleno social-bombarolo: «Se si vuole che la democrazia e la civiltà in Italia riprendano a svilupparsi non ci sono vie di mezzo: i nuovi barbari della selezione sociale devono essere sconfitti. Fino ad allora dovremo semplicemente organizzarci e lottare». Un altro manifesto stile «Socialismo o Barbarie», che dimostra come si possa essere in piazza, molotov in mano, anche in giacca cravatta.