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Fli in mano ai falchi Moderati in bilico

Italo Bocchino

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Futuro e Libertà incassa la sconfitta e prova a ripartire. Ma da oggi è un partito dove comandano solo i falchi di Italo Bocchino e dove le colombe sono considerate quasi ospiti indesiderati. Tanto che la domanda più insistente che circola nei corridoi di Montecitorio è quanti finiani moderati seguiranno la strada di Silvano Moffa, Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini e lasceranno il partito. Quello che di loro pensano gli altri finiani, i duri e puri, lo riassumono le parole di Fabio Granata: «Da domani in Fli non ci saranno più spazi di dialogo, né tantomeno quinte colonne». Un riferimento, chiaro, a chi in queste ultime settimane si è speso per provare a riaprire le trattative, a mediare tra Fli e Pdl. E un messaggio altrettanto deciso si legge sul sito del periodico della Fondazione Farefuturo, la «voce» dei falchi: «Oggi è tutto più chiaro, senza equivoci, senza più le nebbie di quel "moderatismo" fine a se stesso che ha inquinato un movimento nato nel nome della chiarezza e non degli equilibrismi, nel nome della "visione" e non degli interessi e della tattica di basso livello. È più chiara la collocazione di Fli, ma sono soprattutto più chiari i suoi obiettivi. E sono obiettivi di ampio respiro e di lungo termine, ambiziosi e difficili. C'è, nell'orizzonte di Fli, la costruzione del centrodestra del futuro e la fondazione della Terza Repubblica. Lontano dai conflitti di interesse, dal populismo, dalla volgarità, dalla demagogia». Di fatto, però, Futuro e Libertà è un partito che ieri ha parlato con due voci completamente diverse. Che Fini non è riuscito ad accordare. Il primo intervento di Pasquale Viespoli al Senato è stato tutto improntato alla moderazione, alla possibilità di dialogare ancora con la maggioranza. E infatti a palazzo Madama Futuro e Libertà ha scelto la strada dell'astensione. Che vale comunque come voto contrario ma politicamente ha un significato diverso. Completamente diversi i toni usati da Italo Bocchino alla Camera. Il capogruppo di Fli ha attaccato a testa bassa il premier, ha chiuso la porta a quella mediazione che fino a pochi minuti prima era stata lasciata aperta e ha annunciato il voto di sfiducia del suo gruppo. Un intervento talmente duro da convincere Silvano Moffa a gettare la spugna, a uscire dall'aula e a non votare. Scegliendo poi, in serata, di lasciare Fli e andare nel gruppo Misto. Una scelta che anche qualche altro deputato potrebbe condividere. Tra quelli che dentro il Pdl considerano più a rischio ci sono proprio Pasquale Viespoli, il capogruppo al Senato, e poi, alla Camera, Gianfranco Paglia, Francesco Divella, Carmine Patarino, Giuseppe Consolo, Francesco Proietti e Alessandro Ruben. Tutti moderati, tutti in grande difficoltà a sposare la linea di Italo Bocchino. Per il momento comunque la linea di Fli è quella di andare avanti senza tentennamenti. Così, mentre Carmelo Briguglio annuncia di essersi dimesso dal Copasir – «perché è giusto così: da oggi Fli è passata all'opposizione e quindi gli equilibri all'interno del Comitato tra membri della maggioranza e dell'opposizione devono essere ripristinati» – i suoi colleghi promettono una lunga «guerra» in aula al premier. «Berlusconi ha vinto numericamente, politicamente non va da nessuna parte» ha attaccato Italo Bocchino mentre Roberto Menia si è lanciato in citazioni storiche: «È una vittoria di Pirro, ora come si governa?». Fabio Granata, invece, si spinge oltre: «Non bastano un pugno di voti acquistati e un drappello di parlamentari senza dignità a governare l'Italia. Da domani in Parlamento renderemo la vita impossibile a Berlusconi». Ora si guarda alle prossime scadenze parlamentari: il dl rifiuti, che oggi arriva in aula alla Camera, e la riforma dell'università in Senato. Provvedimenti su cui non ci dovrebbero sorprese da parte di Fli, che però ha già detto di avere le mani libere sulle due mozioni di sfiducia individuale a Sandro Bondi e su quella per il ritiro delle deleghe a Roberto Calderoli.

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