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Casini: "Lasci o sarà governicchio"

Pier Ferdinando Casini

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La linea non cambia. L'Udc oggi voterà compatta contro il governo Berlusconi, sia alla Camera che al Senato. La giornata di ieri è stata molto intensa per i centristi. L'appello che Silvio Berlusconi ha rivolto a tutti i moderati, avrebbe potuto destabilizzare le certezze di Casini e compagni. In più occasioni, durante il suo discorso, il premier ha strizzato l'occhio agli ex alleati. Ma il leader Udc ha tirato dritto. «Se Berlusconi si dimette prima del voto dell'Aula alla Camera allora vuol dire che crede a quello che ha detto, se no sono chiacchiere», ha sentenziato tra i corridoi di Montecitorio. Il discorso del premier al Senato è «ottimo» ma «per essere credibile - ha spiegato Casini - mancava solo un chiarimento: la ragione per la quale non si va a dimettere. Si è avventurato in questa caccia all'ultimo voto, in una megacompravendita parlamentare e non si capisce perché, se è credibile il suo proposito di appellarsi alla responsabilità, il primo responsabile non sia lui». Il leader Udc detta le sue condizioni. Sono le stesse da mesi. Vuole le dimissioni del Cav. Poi - una volta ottenuto il passo indietro di Berlusconi di fronte al Paese, che consentirebbe ai centristi di non passare per "traditori" - il patto con i moderati potrebbe diventare realtà. «Se Berlusconi ha a cuore la riunificazione di moderati prima del voto si va a dimettere, altrimenti sono solo propositi ipocriti», ribadisce. In questo modo peraltro, secondo Casini, il premier eviterebbe una crisi al buio: «Berlusconi avrebbe una possibilità concreta - spiega - di fare un appello di responsabilità più ampio. Quindi il contrario di una crisi al buio. Il premier invece va verso un governo al buio. Un voto in più gli servirà per andare alle elezioni. E questo lo hanno capito anche i bambini», attacca. «Cosa cambia per l'Italia e gli italiani se Berlusconi avrà domani un voto in più o un voto in meno? Sarà un governicchio. Bossi aspetta solo che il governo abbia un voto in più per chiedere le elezioni. Oggi Berlusconi aveva avuto da Fli una proposta di ragionevolezza. L'averla rifiutata è incomprensibile. L'appello ai moderati senza aggiungere la parola dimissioni non è credibile», ribadisce. Intanto il leader centrista continua a tessere la sua strategia. Il terzo polo, si dovesse arrivare al voto, sarebbe una variabile imprevedibile che tutti sono costretti a considerare. Casini ci sta lavorando. È pur sempre un piano B. Ieri, prima della discussione in Aula alla Camera, ha incontrato Gianfranco Fini. Con lui, nello studio del presidente della Camera, al primo piano di Montecitorio, c'era anche il segretario Udc Lorenzo Cesa e il leader dell'Api Francesco Rutelli. Il loro messaggio è chiaro: «Tra di noi c'è un'intesa politica molto forte. Per adesso la nostra priorità è la sfiducia. Ma stiamo lavorando per il futuro». Dopo il rinnovato appello ai moderati che Berlusconi rivolge in serata ai deputati, Pier riunisce i suoi nella sala De Gasperi di Montecitorio. La proposta avanzata da Fli al Cav non fa cambiare di una virgola le posizioni dei centristi. «Da noi non ci sono né falchi né colombe, andiamo avanti per la nostra strada: chiediamo che il premier si dimetta», spiega Antonio De Poli. «Noi siamo l'Udc, siamo all'opposizione», ricorda Cesa. Dello stesso avviso Rocco Buttiglione: «Abbiamo riunito le pecorelle - chiosa - di questi tempi non si sa mai... Ma abbiamo verificato che siano tranquille».

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