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Silvio pensa già al dopo

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Palazzo Chigi

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Uno sconsolato ministro Rotondi, arriva alla bouvette del Transatlantico e prova a farsi servire uno yogurt, ma i commessi sono troppo impegnati. Allora resta a ragionare qualche istante: «Non so se i voti li abbiamo, io penso di sì. Dopo si aprirà una nuova fase. A febbraio avremo finito con il federalismo e verrà meno anche l'ultimo ostacolo che Bossi pone per l'ingresso di Casini. Si aprirà una nuova fase e vedremo». Poi cerca ancora di richiamare l'attenzione dei commessi che però non lo vedono. Lui alza la voce, poi si rivolge al cronista: «Sa, i commessi della bouvette sono i primi a fiutare l'aria. Forse hanno capito che non abbiamo più i numeri e manco mi stanno a sentire». Ride e va via. Ecco, lo stato d'animo nel governo si può riassumere così. Una moderata convinzione di avere i numeri dalla propria parte. Pochi ma in vantaggio: uno, due, tre forse. Sentenzia Daniela Santanché: «L'importante è averne uno in più di loro». Una certezza che porta a rifiutare l'ultima offerta di Fli: astensione e dimissioni. Ma di rassegnare il mandato il Cavaliere (sfoggiava una cravatta blu con due bandiere italiane e le date 1861-2011 avuta in regalo dai senatori la sera prima) non vuole sentir parlare neanche per scherzo. Se il quadro è questo, la linea conseguenziale appare chiara. Va allo scontro finale con Fini, vuole spazzarlo via. Spera ancora che qualcuno di Fli nella notte decida di cambiare idea. Probabile è Maria Grazia Siliquini, che nella replica di Berlusconi alla Camera resta in piedi a fianco dei banchi del governo, la va a prendere Enzo Raisi e le chiede di andare nei banchi di Fli. Lei accetta, forse sarà l'ultima volta visto che si vocifera già di un posto da sottosegretario all'Istruzione. Meno probabile è Silvano Moffa. Silvio spera anche che qualcuno dell'Udc, magari sotto le pressioni di parte della Chiesa, possa dare un soccorso. Ma Paola Binetti frena tutti: «Votiamo la sfiducia. Dopo si va per "nuove terre"». Dunque, il premier nella replica serale alla Camera tira le somme: «Abbiamo bisogno di tutto tranne che di una crisi al buio». E, in ogni caso, «chi ci vota contro tradisce il mandato ricevuto dagli elettori». Per questo si dice pronto anche ad aggiustare il programma e rafforzare la squadra di governo con «tutte le forze politiche che già si riconoscono nel Partito popolare europeo», l'Udc anzitutto. Per questo propone «un patto di legislatura a tutte le forze moderate del Parlamento». In Aula il Cavaliere ha alti e bassi, momenti di esaltazione e altri in cui si appisola. Scuote la testa quando D'Alema gli rinfaccia «la crisi di governo e di leadership». Poi si mette una mano in fronte: ma che dice questo? L'aria che tira è che Silvio ce la farà. Prima però c'è lo scoglio da superare. La sfiducia. In serata alla cena con i deputati del Pdl, dopo aver regalato fedine d'oro alle deputate, ha detto: «Prenderemo la maggioranza ma con pochi voti di differenza. La prospettiva è quella di riconquistare alcuni deputati di Fli e dell'Udc che si spaccheranno. Anche in Germania in fondo la Merkel governa con pochi voti di scarto». E comunque «si può andare avanti anche con un governo di minoranza andando a concordare con l'opposizione di volta in volta i vari provvedimenti in Parlamento» ha aggiunto. Il premier ha poi spiegato «che c'è un patto tra D'Alema e Casini perché quest'ultimo sia il "prossimo Prodi"». «Abbiamo pensato e sperato - avrebbe detto - che Casini potesse sostenere l'esecutivo per senso di responsabilità, visto anche che fu Fini a suo tempo a non volere l'apparentamento con il Pdl. Ma evidentemente questa cosa non accade anche perché mi risulta che abbia un patto con D'Alema per essere il prossimo Prodi. Questo è inammissibile». E a far cambiare idea a Casini non sarebbero valse nemmeno le pressioni di ambienti cattolici. «Anche il Vaticano si è chiesto perché Casini non dà l'appoggio esterno» al governo» ha detto Berlusconi che ha espresso la sua riflessione anche sul voto. «Se non ce la facciamo andiamo a elezioni e garantisco la ricandidatura a tutti i candidati. In più avremo i 37 posti che Fli lascerà liberi» ha detto il Cavaliere. Che ha espresso una certezza e un'incognita. «Non so come andrà a finire alla Camera mentre sono sicuro del risultato del Senato». E alla Camera i numeri sono davvero in bilico, maggioranza e opposizione sono attaccate a un'assenza, magari di una delle deputate incinta (sono tre, tutte nel fronte pro-sfiducia).

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