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Gianfranco ormai è soltanto la caricatura di un politico

Gianfranco Fini

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Che cosa vuole realmente Fini? Accoppare il Cavaliere? Piacere alla Sinistra? Diventare un bravo fascista rosso? Queste sono le sue ambizioni attuali. Che però rimandano a un'unica passione dominante: il profondo desiderio di sembrare una persona seria. Tutte le capriole e le idiozie che sta dicendo e facendo per fottere Berlusconi nascono infatti da una fermissima fede nell'importanza di essere seri. Lo sventurato evidentemente non sa che la serietà, se uno non ce l'ha (come don Abbondio diceva del coraggio), non se la può dare. La può solo scimmiottare. Ciò tuttavia non vuol dire che questo suo sogno non abbia prodotto qualcosa. Ha generato, infatti quella perfetta caricatura di una persona seria che egli, suppongo, era già da piccino, ma che forse mai sculettò con più seriosa frivolezza come quando, nel novembre del 2003, nello stato di Israele, rispondendo a un intervistatore, arrivò a definire il fascismo «il male assoluto». Mentre un briciolo di serietà dovuto suggerirgli di rispondere suppergiù così: «Non essendo un teologo o un filosofo, non so che cosa sia il "male assoluto". Come politico posso però affermare che dopo molti anni di abbagli, illusioni, dubbi e ripensamenti, ho finalmente capito non già che cosa sia il "male assoluto" ma soltanto quale sia stato il più grande male storico, politico e morale del secolo appena defunto. «Voi forse vorreste che affermassi, che questo preciso e circoscritto male storico fu il fascismo. Ma questo non posso dirlo. E a impedirmelo non è, come forse si potrebbe insinuare, un certo attaccamento sentimentale al mio giovanile neo-fascismo giovanile. È la ferma convinzione che quel grande male storico che fece del Novecento un secolo di convulsioni e di atrocità fu il totalitarismo come tale. Sia in salsa nera che in salsa rossa. «I totalitarismi rossi e neri che hanno funestato il XX secolo presentano infatti sempre, al di là di alcune innegabili differenze, alcuni fondamentali elementi comuni: partito unico, identificazione del partito con lo stato, suo dominio su tutti gli aspetti pubblici e privati della vita, culto della personalità del Capo, totale o parziale statizzazione dell'economia, irreggimentazione delle masse in appositi organismi collettivi, controllo dell'informazione, dell'istruzione, della cultura e dell'arte, arresto, deportazione e spesso liquidazione fisica degli avversari politici, sterminio di interi gruppi sociali o razziali e molte altre analoghe delizie». «So bene che il fascismo condivise molte di queste infamie. Ma so anche che tutti gli storici seri hanno riconosciuto da un pezzo che le forme in cui quel cancro si manifestò nell'Italia fascista furono assai più benigne, o se preferisce, meno micidiali, che nella Germania nazista o nella Russia comunista. Tanto che molti studiosi del fenomeno totalitario sono arrivati addirittura a negare che il fascismo possa esservi incluso». «Io stesso mi sono convinto che esso, in effetti, non fu un vero regime totalitario, ma soltanto un brutale regime autoritario. Questo fra l'altro l'ho appreso leggendo il più bel libro che sia stato mai scritto sulle origini del totalitarismo. E sapete chi lo ha scritto? Una geniale pensatrice di sinistra, per giunta ebrea come voi. Si chiamava Hannah Arendt». Ma Gianfry è sempre stato troppo seriamente impegnato nel continuo tentativo di sembrare serio per poter imparare a parlare seriamente di alcunché.

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