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Della Loggia e del pregiudizio

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Silvio Berlusconi

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Povero Cavaliere! Comunque vada la votazione alle Camere, il risultato della sua esperienza politica e il giudizio storico sulla stessa non cambieranno. Almeno, questo è quanto, dalle parti di via Solferino, si sostiene e si vuol far passare come messaggio all'opinione pubblica attraverso la penna di uno degli editorialisti più significativi del Corriere della Sera, Ernesto Galli Della Loggia. L'argomentazione dell'autore - la cui avversione per il Cavaliere è di antica data anche se, a onor del vero, ben diversa da quella becera e irriducibile degli antiberlusconiani in servizio permanente effettivo - è molto semplice. E può essere riassunta in poche parole. Se otterrà la fiducia in entrambe le Camere, Berlusconi avrà dimostrato ancora una volta di saper vincere con la forza della propria determinazione e della propria personalità. Avrà, in altre parole, confermato l'impressione di essere, per così dire, una macchina in grado di avere sempre la meglio nei momenti e nelle battaglie più difficili. Tuttavia, questa vittoria non servirà, secondo Galli Della Loggia, a nascondere il risultato fallimentare dell'intera esperienza politica legata al suo nome: una esperienza che avrebbe dovuto portare avanti la duplice promessa-scommessa di "sbarrare il passo alla sinistra" e di creare, nel quadro di un bipolarismo finalmente conseguito, una "destra liberale adeguata ai tempi" ossia "pregna degli umori della società civile ma dotata di senso delle istituzioni" e "capace di esprimere un'adeguata cultura e capacità di governo". Di questa promessa-scommessa, dopo un quindicennio, non sarebbe rimasto nulla se non il risultato di aver bloccato la sinistra. E, come se non bastasse, il declino del berlusconismo lascia intravvedere all'orizzonte una deriva centrista-proporzionalista, che dovrà avere come conseguenza l'emarginazione della Lega e la sua riduzione a forza ininfluente sul sistema politico nazionale, così come ininfluente era il ruolo del Movimento sociale italiano ai tempi della prima repubblica. L'analisi di Galli Della Loggia è impietosa ma inesatta. È inesatta nei presupposti, nelle conseguenze e nelle prospettive. Intanto, il progetto, quello che Galli Della Loggia definisce la promessa-scommessa di Berlusconi. Quando scese in campo, all'inizio degli anni novanta, contro la gloriosa macchina da guerra degli ex comunisti, il Cavaliere non aveva tanto in animo di creare una "destra moderna" quanto piuttosto di "modernizzare" il sistema politico per avvicinarlo a quello delle democrazie liberali più avanzate. Si parlò, allora (e l'espressione non piacque a tutti), di creare un "partito liberale di massa", di dar vita a una sorta di "rivoluzione liberale", non nel senso gobettiano del termine ma in una accezione tecnica e programmatica, che non aveva nulla di ideologico e guardava invece a modelli istituzionali concreti. La partecipazione della vecchia destra - quella di origine missina liberata dal ghetto dell'arco costituzionale non già da Berlusconi ma dal crollo delle barriere ideologiche dopo la fine della guerra fredda e la rovinosa conclusione dei regimi fondati sul socialismo reale - a questo progetto fu una conseguenza logica, ma non obbligata, della crisi del sistema politico: una conseguenza che portò molti dei suoi esponenti a una convinta accettazione dei valori e delle regole della democrazia liberale. Ma non fu affatto, questa destra, l'anima né del movimento berlusconiano né del berlusconismo. Come, invece, sembra credere e far credere, attraverso una sillogistica operazione semplificatrice, Galli Della Loggia. Il quale, convinto com'è, da sempre, che non esista cultura (e meno che mai cultura politica) a destra, ha buon gioco a lasciar intendere che, se il berlusconismo si identifica con la destra, allora esso non ha cultura politica e quindi è incapace di proporre progetti politici. In realtà, Berlusconi apparve come un "alieno" in un sistema politico disastrato così come un "alieno" era apparso Bettino Craxi, il quale pure - piaccia o non piaccia - ebbe un ben preciso progetto di modernizzazione del sistema politico e istituzionale del paese: un progetto bloccato e interrotto da forti resistenze conservatrici e dalla rivoluzione giudiziaria di Tangentopoli. Contro Berlusconi si mobilitarono - Galli Della Loggia non può ignorarlo o fingere di ignorarlo - le stesse forze che avevano contrastato Craxi e lo fecero con una persecuzione giudiziaria e mediatica sulla quale è superfluo indugiare. Eppure, malgrado ciò, qualche cosa è cambiato. Il bipolarismo è diventato un patrimonio accettato dal sentire comune della maggioranza degli italiani. Ed è uno dei risultati positivi ascrivibili a quel vero e proprio tornado politico che fu la discesa in campo di Berlusconi. Un risultato acquisito - un passo importante verso la modernizzazione del sistema politico - che non potrà essere messo in crisi malgrado tutti i tentativi di creare terzi poli supportati dal ritorno auspicato a leggi elettorali di tipo proporzionale. Un risultato che, proprio per il suo radicamento nel paese, bloccherà l'esito centrista e "neo-democristiano" del sistema politico paventato da Galli Della Loggia e da lui imputato al presunto fallimento politico di Berlusconi e a una non meno presunta "autocancellazione politica" del Popolo della libertà. La verità è che l'antipatia preconcetta nei confronti di Berlusconi e del berlusconismo rischia di trasformare anche i migliori analisti e i migliori politologi in Cassandre e in profeti di sventure

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