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L'Idv precipita in una crisi di nervi

Calearo

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Bruno Cesario (ex Pd), Domenico Scilipoti (ex Idv) e Massimo Calearo (ex Margherita, ex Pd e ex Api) per il momento - a parte il fatto di essere "ex" - in comune hanno solo la cravatta. Niente di troppo eccentrico o deciso, sia chiaro: tinta unita blu scuro, con un piccolo logo tricolore ricamato al centro. Eppure i tre hanno deciso di creare un loro piccolo soggetto politico all'interno del gruppo misto della Camera, il «Movimento di responsabilità nazionale». La conferenza stampa a Montecitorio per battezzare la «creatura» scatta automatica. Quello che tutti vogliono sapere è come si comporterà il «movimento» il 14 dicembre, giorno della fiducia. Tre voti non sono molti, ma di questi tempi valgono oro. I tre deputati lo sanno e, se non altro, ne approfittano per godere un po' della luce dei riflettori, (e mettere in mostra la cravatta). Il primo a prendere la parola è Scilipoti, il più atteso. Ha appena lasciato l'Idv, con tanto di letterina a Di Pietro. «A noi interessa cosa accadrà dopo il 14, perché questo interessa al Paese. Non ci saranno né vinti né vincitori, ma regnerà il caos. Serve un appello di responsabilità», glissa. Sì, va bene, ma cosa significa? Cosa voteranno il 14 i «responsabili nazionali»? Ci pensa Cesario a rompere gli indugi: «Vedete - spiega sorridente e per nulla imbarazzato - noi abbiamo sì creato un movimento, ma ad oggi abbiamo tre posizioni diverse per il 14. Io, che ho già votato la fiducia e da tempo voto con la maggioranza, sono contro la sfiducia al governo, Mimmo (Scilipoti) vuole sfiduciare Berlusconi e Massimo (Calearo) vuole astenersi». Sgomento e imbarazzo invadono la sala stampa. Poi, a prevalere, sono i sorrisi. Del resto un tempo, almeno all'inizio di un'avventura politica tutti - persino i leader del Pd - erano d'accordo su tutto, o almeno facevano finta. Poi si faceva sempre in tempo a litigare. Adesso avere le stesse posizioni non è poi così importante. Basta un nome altisonante, un simbolo neanche troppo diverso da tutti gli altri e un indumento che faccia squadra e il gioco è fatto. Cesario non molla. Continua il suo ragionamento e rilancia: «Attraverso il dibattito interno e il confronto, però, il 14 arriveremo ad avere una posizione unanime». Dal fondo della sala stampa si alza una voce: «Eh no, non è possibile. Io voglio sapere se Scilipoti, se gli altri due lo convincono, voterà a favore di Berlusconi. Voglio sentirglielo dire». A parlare non è un giornalista, ma Stefano Pedica, senatore Idv. Scilipoti non gli risponde. Risponderà solo alle domande dei cronisti. L'interrogativo di Pedica gli viene ripetuto da uno di loro. «Dovrete aspettare il 14 - spiega - noi non abbiamo portato il cervello all'ammasso. Non siamo traditori. Ma in questo momento ho un travaglio interiore. Come si può dare del voltagabbana a chi ha militato per 13 anni in un partito, lavorando nel silenzio, mentre i tuoi colleghi credono che l'agopuntura (la sua specializzazione di medico, ndr) sia una stregoneria? In un partito in cui nessuno mi ha mai dato retta sulle parafarmacie?». «Ma ti sembra un motivo intelligente per lasciare il pertito?», ci riprova Pedica. Interviene Calearo a sedare gli animi: «Bruno (i tre «amici» non fanno che chiamarsi per nome) due giorni fa mi ha chiamato e mi ha detto che Mimmo era in difficoltà. Noi abbiamo solo raccolto il suo grido di aiuto. E non è il solo. Altri parlamentari, e sono molti, sperano che la nostra azione abbia dei risultati. Il problema non è Berlusconi sì, Berlusconi no. Io - da imprenditore - ho anche parlato con gli altri imprenditori. Mi dicono che il governo Berlusconi in questo momento è il male minore. Il Paese ha bisogno di responsabilità. Noi ci auguriamo che la situazione si risolva prima del 14, senza andare in Aula a votare». Scilipoti condivide e si lascia andare ad un'ultima battuta: «Come moderato e come cristiano spero che Dio mi illumini». Pedica è sempre più disperato. L'Idv nel frattempo ha perso un altro pezzo: Antonio Razzi, della circoscrizione Estero, è entrato in maggioranza passando con «Noi Sud». È pronta un'altra conferenza stampa e Pedica stavolta rischia la rissa contro Arturo Iannaccone, leader di «Noi Sud» che scrive a Fini chiedendogli di intervenire. Donadi, capogruppo Idv alla Camera, invece scrive a Napolitano «affinché faccia sentire la sua voce alta e autorevole in difesa della dignità del Parlamento» contro «la squallida campagna acquisti» messa in atto dalla maggioranza. Di Pietro, dal canto suo, va dai pm, portando alcuni elementi che possano far luce sulla «compravendita». Intanto il fronte pro-fiducia perde pezzi. I no al governo «certi» sembrano esser scesi da 317 a 313.  

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