Così hanno creato il mostro sbagliato
Sono servite ben quattro traduzioni per farlo uscire dalla cella. Quattro professionisti hanno ascoltato le parole pronunciate del marocchino Mohamed Fikri al telefono e tutti hanno smentito l’interpretazione che gli era costata il carcere. «Perdonami Dio non l’ho uccisa io...ascoltami», è la versione che ha mandato in prigione lo straniero con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio. Una volta che però il giudice ha interpellato quattro traduttori, la frase pronunciata dal marocchino è stata tradotta in maniera decisamente differente. «Che Dio lo spinga a rispondere, Dio, Dio, Dio», la prima traduzione. Oppure: «Dio, perché non vuole andare questo telefono, Dio, Dio». La terza: «Dio, Dio, perché non rispondi, Dio perché?». E infine: «Dio perché non va (la linea) Dio, Dio» o anche «Dio, perché non passa (la linea), Dio, Dio». Insomma, tutte traduzioni che certamente cozzano con la prima, cioè quella che lo ha fatto finire in manette. Sono le frasi contenute nell'ordinanza di convalida del fermo del marocchino, firmata dal gip Vincenza Maccora il 7 dicembre. Parole che hanno convinto il giudice a rimettere in libertà lo straniero che fin dal primo giorno ha urlato la sua innocenza, affermando che la prima volta che ha visto la ragazza è stato quando gli investigatori gli hanno mostrato la foto della giovane uscita da casa per andare al centro sportivo di Brembate Sopra il 26 novembre. In base a quanto ricostruito dall'indagato durante l'udienza di convalida, la frase che ha pronunciato al telefono era diretta a El Amraoui Badr Eddone, che lui stava cercando di contattare per riavere duemila euro che gli aveva prestato a luglio. Ma El Amraoui non ha risposto, tanto che era scattata la segreteria telefonica. Il marocchino ha inoltre spiegato al gip che stava «implorando» Dio affinché il connazionale rispondesse alla chiamata per poter stabilire un contatto con lui e cercare di riavere i suoi soldi, ma che non ha mai pronunciato la parola «quella» e la parola «uccisa». Ed è stato lo stesso indagato a chiedere al gip di affidare la traduzione della frase che aveva detto al telefono a «persona esperta». Il pm, inoltre, durante l'udienza di convalida, aveva prodotto il verbale di interrogatorio di El Amraoui come persona informata sui fatti. Quest'ultimo aveva confermato ai carabinieri, che lo hanno interrogato il 6 dicembre alle 12,35, di conoscere l'indagato, di essergli debitore di duemila euro e di non aver risposto alla sua telefonata «perché non era in grado di far fronte al debito». Ed ecco arrivare la scarcerazione di Mohamed Fikri. Il marocchino è tornato ieri a Bergamo. Ma solo per un giorno. Dopo essere stato rimesso in libertà, il muratore di 23 anni si è trasferito dai parenti a Montebelluna, in provincia di Treviso, manifestando la sua intenzione di partire per il Marocco per dimenticare la brutta avventura. Visto, però, che i suoi beni personali, con i quali sabato scorso aveva appunto tentato di rientrare in patria prima di essere fermato, sono rimasti a Bergamo, ieri è tornato per recuperarli, salvo scoprire che non avrebbe potuto riprenderli perché ancora sotto sequestro. Il suo avvocato Roberta Barbieri, che ha presentato istanza per il dissequestro, lo ha descritto come «frastornato per una vicenda che lo ha travolto senza pietà». Gli stessi suoi familiari rimasti in Marocco sono rimasti sconvolti, tanto che la madre gli avrebbe detto per telefono: «Finché non ti vedo non credo che sei tornato libero». Ieri a Bergamo c'è stato un incontro tra le forze dell'ordine per fare il punto delle indagini sulla scomparsa di Yara. Il primo, in Procura, ha visto la partecipazione del questore Vincenzo Ricciardi, del comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Roberto Tortorella, del capo della Squadra Mobile Gianpaolo Bonafini e del capo dello Sco Gilberto Caldarozzi. Alla fine il questore ha dichiarato che «le ricerche sono serrate e stiamo seguendo più piste tra cui quella legata alle conoscenze familiari». Secondo gli inquirenti, infatti, Yara si fidava di chi l'ha sequestrata. Per gli investigatori, infatti, siamo davanti a un caso di una «ragazza scomparsa», anche se il reato ipotizzato dal pm è quello di omicidio. Il palazzetto dello sport di Brembate Sopra è stato ispezionato anche ieri dagli investigatori, che stanno effettuando anche uno screening delle telefonate che il giorno della scomparsa si sono agganciate alle celle telefoniche della zona di Brembate. Anche ieri si sarebbero cercati riscontri al racconto di Enrico Tironi, il diciannovenne vicino di casa della ragazza che, quel pomeriggio di quattoridici giorni fa, avrebbe visto due uomini nella via in cui Yara vive, nei pressi di una Citroen di colore rosso: dalle registrazioni di una telecamera nei pressi non sarebbero ancora emersi elementi utili.