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A piazza San Giovanni il Pd prova a dare segni di vita

Pierluigi Bersani

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Il Pd prova a rialzare la testa. Costretto a rincorrere Fli e Udc in Parlamento (se il governo verrà sfiduciato sarà con la mozione presentata da finiani e centristi), il partito di Pier Luigi Bersani prova a battere un colpo. E oggi a piazza San Giovanni chiama a raccolta il suo popolo per quello che si preannuncia come un vero e proprio «Pd pride». Il segretario, infatti, proverà a spiegare ai suoi che se oggi il Cavaliere ha i giorni contati è soprattutto merito dei Democratici. E per galvanizzare la piazza dirà «ora tocca a noi». Lo sforzo organizzativo è stato imponente. Solo l'organizzazione centrale del partito ha predisposto 18 treni speciali, 1.500 pullman, due navi. Altri militanti arriveranno a Roma con mezzi propri. La manifestazione poi sarà anche una festa: da Basilicata e Piemonte arriveranno due bande, i giovani Pd organizzeranno un pullman con musica elettro e house; e poi spazio alla fantasia, come quella dei militanti marchigiani che verranno con giubotti catarifrangenti per segnalare il «pericolo per la democrazia». Per non parlare dei musicisti presenti sul palco, da Simone Cristicchi a Roy Paci fino a Neffa. Quanto ai numeri, Bersani ha riferito di aver ordinato ai suoi di non parlare di cifre «per serietà»: «Ma se Berlusconi ha detto di averne portati un milione (cosa che fece lo scorso marzo ndr), allora noi diremo due milioni». Insomma si è sicuri del successo dell'iniziativa. Certo nelle ultime ore la voglia di «spallata», e la certezza che ciò accada, sembrano aver lasciato spazio ai dubbi e ad una certa delusione. Ecco perché Bersani punterà soprattutto sull'«orgoglio» dei militanti che negli ultimi anni hanno dovuto ingoiare insuccessi elettorali e divisioni tra i dirigenti. Se il Cavaliere andrà finalmente a casa, dirà, è grazie al Pd che per due anni, nonostante la traversata nel deserto, lo ha incalzato. Insomma il vento sta cambiando. E una volta che Berlusconi sarà a casa, dirà Bersani, deve essere chiara una cosa: «Ora tocca a noi». In ogni caso, è la linea del segretario, il Pd non farà solo da «portatore di salmerie» per esecutivi che forniscano ancora ricette liberiste. I Democratici hanno «uomini e idee» per anticipare anche in parte «l'alternativa» al modello liberista berlusconiano. Bersani spiegherà quindi la sua proposta per una nuova Italia, a partire dal suo cavallo di battaglia: il lavoro come chiave su cui concentrare l'azione politica. Ma non tutti, all'interno del Pd, condividono la piazza del segretario. Tra questi Mario Adinolfi, direttore del settimanale The Week, che in un editoriale spiega: «Non vengo in piazza perché amo il Pd. Ho contribuito alla sua fondazione, mi sono speso per la sua crescita, odio vederlo affondare nelle più evidenti contraddizioni, in mano a una dirigenza sclerotizzata che punta solo a salvaguardare se stessa». L'impressione è che siano diversi a pensarla come lui.

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