Fini non sa più che fare
Non vuole le elezioni, ma è fermamente convinto che il 14 dicembre Silvio Berlusconi non avrà la fiducia della Camera. Dice che stabilità «non vuol dire stare fermi», che il Cavaliere invece di gridare al complotto dovrebbe governare, ma poi gli chiede di dimettersi, di lasciare Palazzo Chigi per aprire una nuova fase. La domanda nasce spontanea: cosa vuole Gianfranco Fini? Il presidente della Camera si concede al salotto televisivo di Ballarò. Lo fa attraverso un'intervista registrata che gli consente di rispondere alle domande di Giovanni Floris, ma non a quelle degli ospiti in studio. E così, evitati "imprevisti" dell'ultimo minuto, eccolo ondeggiare tra attacchi e mani tese. Dopotutto la comparsata televisiva arriva al termine di una giornata in cui Fini ha avuto due importanti incontri. Il primo con Pier Ferdinando Casini e i Liberaldemocratici Italo Tanoni e Daniela Melchiorre. Un giro di orizzonte per scongiurare fughe in vista dell'appuntamento del 14 (su tutte quella del Libdem Maurizio Grassano) e compattare le truppe. L'obiettivo primario, infatti, è quello di evitare che il Cavaliere ottenga la fiducia a Montecitorio. E anche per questo, pur non credendoci troppo, negli ultimi giorni Gianfranco ha giocato la carta del Berlusconi-bis. Un modo per placare le "colombe" finiane che continuano a lavorare per un accordo in extremis. Ed è in questo tentativo di mediazione che si innesta l'incontro, breve, tra il leader di Fli e Gianni Letta. I due si incontrano a margine del Concerto di Natale della Camera e parlano per qualche minuto. Ma l'impressione è che, al momento, la trattativa attraversi un momento di stallo. Poi è la volta di Ballarò. Fini registra la sua intervista nello studio di Adolfo Urso a Farefuturo. Viso tirato, cravatta marrone e vestito grigio scuro, il presidente della Camera ricorda la sua «espulsione» dal Pdl. Respinge le accuse di «tradimento» («si dice questo - spiega - quando non si hanno argomenti validi»). Quindi ribadisce la richiesta di un «governo che governi e non tiri a campare». Per questo Berlusconi, non godendo più della maggioranza «né numerica, né politica», dovrebbe dimettersi prima del 14 dicembre. L'obiettivo, però, non è liberarsi del Cavaliere. O almeno Fini non lo dice limitandosi a chiedere al premier un gesto di responsabilità che apra una «nuova fase» caratterizzata dall'ingresso di altre forse nella maggioranza e da una nuova agenda economica. «Serve un cambio di velocità» incalza. Non chiedetevi se si tratta di un'apertura ad un Berlusconi bis. Anche qui, infatti, il leader di Fli è vago liquidando tutto con una frase: «Non importano i leader ma cosa fa il governo. Cosa fa e non chi lo compone». Eppure, spiega un attimo dopo, nella crisi attuale dell'esecutivo, il Cavaliere «è buona parte del problema». Al punto che, sottolinea, dovrebbe chiedersi come mai «segmenti più o meno importanti della sua maggioranza», «uomini e donne che hanno collaborato a vario titolo con lui», ogni tanto lo lasciano per approdare in quell'«area di responsabilità» che comprende Fli, Udc e Api. Tutto, però, ruota attorno al voto di fiducia di martedì prossimo. Fini è certo che Berlusconi non supererà lo scoglio, che «sperare in malattie dell'ultimo minuto è sintomo di disperazione» e che, comunque, il futuro non prevede elezioni: «Non servono a nessuno. Non consentono di governare l'economia, né di fronteggiare la crisi». Certo, ammette, serve «stabilità», ma «bisogna capire cosa significa. Anche i paracarri sono stabili». L'ultimo appello è ancora una volta al premier: «Dimostri un po' di umiltà. La colpa non è sempre degli altri. Anch'io ho le mie responsabilità ma lui, in 15 anni, non ha mai detto "ho sbagliato"». In attesa di sapere se il premier diventerà più umile Gianfranco assicura che, qualsiasi cosa accada, non lascerà la presidenza della Camera e che, in caso di elezioni, non si alleerà mai con il Pd. Nello studio di Ballarò la direttrice dell'Unità Concita De Gregorio "corteggia" Italo Bocchino (che siede tra lei e il vicesegretario dei Democratici Enrico Letta). Sicuri che non si alleeranno?