Maroni difende il Nord "È operoso e accogliente"
Roberto Maroni non ci sta. Il ministro dell'Interno non intende arrendersi all'idea di un Nord razzista e xenofobo. La terribile vicenda di Yara, la tredicenne scomparsa ormai più di dieci giorni fa nel bergamasco, ha fatto riaffiorare la più classica delle paure, quella del diverso. Dello straniero. Lo striscione «Occhio per occhio, dente per dente» lasciato nei giorni scorsi davanti alla casa della ragazza a Brembate, ha scioccato l'Italia. I benpensanti hanno fatto presto a scandalizzarsi. A puntare il dito. Maroni, allora, - ancora una volta - è intervenuto in difesa del «suo» Nord. Non si tratta di un sentimento condiviso. Il ministro leghista ne è sicuro. «Non vorrei - ha precisato - che un cartello messo da una persona da questo atteggiamento e che lo stesso sindaco leghista di Brembate ha condannato, e che io condanno, diventasse il simbolo di quella comunità che invece è operosa ed accogliente. Al Nord c'è un sistema di accoglienza e integrazione degli immigrati che è un modello, poi ovviamente ci sono i casi singoli». Nel piccolo comune del bergamasco nessuno ha voglia di parlare dell'accaduto. Microfoni e telecamere raccolgono solo «No comment». È al clamore mediatico suscitato dal caso di Sarah Scazzi che tutti pensano. Brembate potrebbe trasformarsi in una nuova Avetrana. In un nuovo «paesino dell'orrore». I bergamaschi non ci stanno. E il ministro Maroni è con loro. Dell'omicidio «non dico nulla perché ci sono le investigazioni in corso e sarebbe opportuno che si lasciassero lavorare gli investigatori. Non vorrei che diventasse un caso mediatico come quello di Avetrana», ha tuonato. Anche il garante per la protezione dei dati personali è intervenuto, invitando «i media, nell'esercitare il legittimo diritto di cronaca riguardo ad un fatto di sicuro interesse pubblico, a usare sempre la necessaria responsabilità e sensibilità e a rispettare la richiesta di riservatezza che proviene dalla famiglia e dalla comunità cittadina». Evitare «accanimenti informativi» e limitarsi «a profili di stretta essenzialità, astenendosi dal riportare dettagli e particolari che rendano la ragazzina e la sua famiglia vittime di inutili morbosità», queste le raccomandazioni. «La vicenda di Yara - ha sottolineato il Garante in una nota - va purtroppo profilandosi come un fatto di cronaca particolarmente doloroso, le cui circostanze e implicazioni potrebbero ledere gravemente la dignità della minore, colpire la famiglia nei suoi affetti più intimi e provocare ulteriore dolore e lacerazione nella comunità nella quale Yara è cresciuta». Intanto a Brembate si vive nell'attesa che la tragedia diventi uffuciale da un momento all'altro. Il dolore continua a trasformarsi in odio. Nella villetta della famiglia di Yara le forze dell'ordine hanno impedito ad alcune persone di appendere uno striscione con la scritta «Nessuna pietà per chi ha fatto questo». Nei bar le frasi xenofobe corrono di bocca in bocca. Per gli abitanti non ci sono dubbi: Yara è stata uccisa da «uno che viene da fuori». «Quando saremo sicuri di chi è stato, metteremo i passamontagna e andremo a punire quel marocchino», sentenzia rabbioso un anziano davanti al bancone di un bar del centro. «Sono padre di una tredicenne - dice un altro - da quando sono arrivati quelli là non la mando più all'oratorio, ho paura». I marocchini, «quelli là», fanno paura, oggi più che mai: «Spacciano, fanno casino. Questo è un paese di gente che si è sempre voluta bene, ora sono arrivati loro a rovinarlo...». Idee chiare anche sul concetto di giustizia: «Se Yara fosse figlia di un giudice o di un politico, l'assassino sarebbe punito più severamente. Qui, siccome c'è in ballo la figlia di un povero cristo, ci dobbiamo pensare noi a fare giustizia».