E Silvio tratta su tavoli opposti

Provocare la crisi ora è da «irresponsabili». Silvio Berlusconi torna a ribadirlo. L'economia internazionale è ancora ferma, non si vede la fine di questa fase e il rischio serio è un generale declassamento anche per il nostro Paese. Perché, dice il premier, «siamo ancora dentro la crisi e il rating dell'Italia dipende dalla stabilità del governo». Parole chiare quelle che Berlusconi pronuncia al suo rientro a Roma. Dopo l'ultima tappa russa, Silvio va direttamente a palazzo Chigi. Il suo umore non sembra dei migliori, incontra una scolaresca tarantina nel cortile e si mette a chiacchierare con i ragazzi. Confessa alla fine: «Studiate, la politica non è così bella». Va nel suo ufficio e si collega con Napoli, dove è in corso una manifestazione dei Popolari d'Italia, il neo-partito di ex Udc (guidati dal siciliano Saverio Romano) e ora passati con la maggioranza. Nella telefonata con i nuovi arrivati attacca ancora il terzo polo: «Si vuole alleare con la sinistra». Ma lui non molla: «Sono deciso ad andare avanti». «La maggioranza degli italiani, quelli che vogliono restare liberi, è con noi - sostiene con toni ormai da campagna elettorale - il 14 dicembre avremo anche la maggioranza della Camera». «La sinistra italiana versa oggi in una crisi profonda - sottolinea il premier - è senza idee, progetti, senza leader. O meglio con troppi aspiranti leader». Lo stesso può dirsi anche dell'alleanza Udc-Fli-Rutelli, un polo che «vuole fare un governo con la sinistra per accontentare le ambizioni personali dei leader delle tre piccole formazioni politiche che lo compongono». Il loro progetto è cambiare la legge elettorale «in modo da non far scattare il premio di maggioranza e quindi essere dopo arbitro» pur rappresentando una piccola fetta di elettorato, «l'11 o il 12-13%», stima il Cavaliere. Certo, Berlusconi continua a dirsi sicuro di ottenere la fiducia tra meno di dieci giorni. Fiducia al Senato ma anche alla Camera. Non scopre le carte, si mostra lontano dalle trattative che sono state delegate a Gianni Letta e soprattutto Denis Verdini e Ignazio La Russa. E le trattative vanno avanti a tutto tondo. Berlusconi è dispiaciuto soprattutto per due "no" che appaiono definitivi e che negli ultimi giorni si è provato a trasformare in "sì". Uno è quello di Giorgio La Malfa, che comunque è stato eletto nelle liste del Pdl, e certamente non sarebbe mai entrato in Parlamento se non fosse stato il Cavaliere a volerlo in lista. Spiega un fedelissimo di Berlusconi: «Quel che è incredibile è che i repubblicani sono due. Lui e Luciana Sbarbati, che pure era vicinissima a Prodi (oggi è senatrice nel Misto, ndr). Ebbene, tra poco ci troviamo che lei darà la fiducia e Giorgio no, per motivi peraltro incomprensibili». L'altro dispiacere per il premier è Paolo Guzzanti, che da Berlusconi pure ha ricevuto. È stato vicedirettore del Giornale, Silvio lo volle in lista e poi alla guida della commissione Mitrokhin: ora è tra coloro che gli voterebbero la sfiducia a meno che non venga messa alla porta Mara Carfagna. E se c'è chi va via c'è chi viene. O potrebbe venire. Le trattative vanno avanti anche con gruppi di deputati. Il gruppo di Fioroni e comunque i cattolici in sofferenza nel Pd. Cattolici che sono ancora più in difficoltà per l'offensiva aperta da Vendola e che porta gli attuali vertici democratici a slittare sempre più a sinistra. Anzi, è una vera e propria rincorsa al rosso Niki. Stesso discorso di sofferenza vale anche per alcuni pezzi dell'Udc. In generale le gerarchie della Chiesa lavorano perché la componente cattolica del centrodestra si rafforzi in questa fase e vedono come da scongiurare l'alleanza dei centristi con il "laicista" Gianfranco Fini. Le prove d'orchestra si sono viste in aula proprio in una delle ultime sedute, quando la sinistra s'è lanciata in un'apologia dell'eutanasia che ha fatto infuriare la teodem Paola Binetti. E paradossalmente nel Pdl si guarda con una certa fiducia a un'altra trattativa, quella proprio con i Radicali. Marco Pannella ripete ai suoi che al tavolo con La Russa ha chiesto come primo punto i matrimoni gay. Come se volesse tranquillizzarli, assicurando che le condizioni poste non potranno mai essere accettate dal Pdl. Dove invece si assicura che di temi etici non s'è parlato e la trattativa va avanti su carceri, giustizia e legge elettorale. E le posizioni, continuano a ripetere da via dell'Umiltà, non sono così lontane. Di sicuro da qui al 14 dicembre la strada è ancora molto lunga anche perché l'ora delle decisioni vere sarà l'ultima a scoccare.