Troppi galli per il terzo polo
Ancora non è chiaro se è un terzo polo o un ribaltone, fatto sta che Fini, Casini e Rutelli farebbero sul serio. Ieri è stata presentata la loro mozione di sfiducia al governo, che sarà votata il 14 dicembre. È stata firmata da 85 deputati: 36 di Futuro e libertà (escluso il presidente della Camera), 35 dell'Udc, 6 dell'Api, 5 dell'Mpa e 3 liberaldemocratici. A questi si sommano i due deputati del gruppo misto, che hanno dichiarato di votare la sfiducia: l'esponente del Pri Giorgio La Malfa e l'ex azzurro Paolo Guzzanti. Dunque, a conti fatti, sono 87 i terzopolisti. Insieme con il centrosinistra arriverebbero a 317, la maggioranza di Montecitorio. Ma con assenze «improvvise» o trattative segrete può ancora accadere di tutto. Di certo il terzo polo non molla. Non piace a nessuno il termine. Lo hanno criticato esplicitamente tutti e tre i leader del nuovo contenitore ma tant'è. Del resto più che un polo è un patto dei contrasti. Il bipolarista Fini sta con l'anti-bipolarista Casini. Tutti e due stanno con uno dei fondatori del Pd che adesso progetta (e fonderà?) il «vero centrodestra», come dice il presidente della Camera. Ma questo è niente. Fli è in prima linea su coppie di fatto e bioetica, tanto che può fregiarsi di aver conquistato anche esponenti del Partito radicale. Mentre l'Udc è agli antipodi, tanto che ha accolto parlamentari per cui il Pd sarebbe troppo di sinistra. Ma questo è niente. C'è un interrogativo che si aggira pericolosamente in Transatlantico: chi sarà il leader del terzo polo? Mica facile sciogliere la matassa, visto che anche un esperto come il capogruppo al Senato di Fli, Pasquale Viespoli, ha chiesto a Casini di essere «generoso»: «Faccia sì che il leader del nostro polo sia Fini, anche perché non sarebbe giusto che altri approfittino del nuovo scenario che abbiamo determinato noi di Fli». Ma perché Casini, che è stato il primo a lasciare Berlusconi e poi a resistere alle sirene del Pdl, dovrebbe accettare l'invito? «Il leader deve essere Casini perché è quello che rischia di più», dicono i fedelissimi del numero uno dell'Udc. E Rutelli? «É quello che ha creduto prima al terzo polo», ribattono da Api. E Lombardo dove lo mettiamo? Per fortuna La Malfa non penserebbe a ruoli di vertice. Quindi? Quindi si attende Luca Cordero di Montezemolo. Potrebbe essere lui il leader, mettendo tutti d'accordo. Ma non si sa perché un giorno sembra fatta, quello dopo è tutta un'altra storia. E si ricomincia con la fantapolitica. Per ora continua la guerriglia. Il governo non c'è più e Berlusconi non avrà né la fiducia né le elezioni anticipate. Gianfranco Fini rilancia una coalizione che sappia meritarsi «qualcosa in più dell'asse Pdl-Lega». Da Mestre, ospite di un incontro promosso dalla Cgia, il presidente della Camera si rivolge a quelli che «sono convinti che avanti così non si può più andare». Fini avverte: «Terzo polo non mi piace, sono trovate giornalistiche, meglio parlare di "area di responsabilità" e reputo divertenti gli attacchi di Berlusconi che afferma che siamo alleati della sinistra». Il numero uno di Fli va dritto contro il premier. «Credo che il Parlamento tra qualche giorno testimonierà quello che tutti sanno, e cioè che il governo non c'è più o non è in grado di governare». Fini spiega anche, rubando un noto cavallo di battaglia proprio all'ex presidente di Confindustria Montezemolo, che «sarebbe bizzarro e autolesionistico» pensare «di salvare per il rotto della cuffia il Paese» che invece «va governato». Dunque è necessario, in vista di un nuovo governo, «guardare in Parlamento a tutte le forze responsabili», a partire «da chi ha vinto le elezioni» e ha sostenuto di non aver paura del responso del voto sulla sfiducia al governo in programma il 14 dicembre». Fini è altrettanto sicuro che se il governo non otterrà la fiducia «l'Italia non andrà a votare anche se non si potrà continuare con la situazione che c'è oggi». Il presidente di Montecitorio non ha dubbi nemmeno sul futuro del suo ruolo istituzionale: «Se durerà la legislatura, e io auspico che duri, continuerò a fare il presidente della Camera». Ma si tratta anche di una questione di razionalità economica: «È il momento in cui l'Italia deve mettere sul tappeto 120 miliardi di euro in titoli e con questi chiari di luna si va verso la campagna elettorale? Bisogna che tutti si assumano le responsabilità e io credo di essermene assunte molte negli ultimi tempi». Forse anche troppe.