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segue dalla prima di MARLOWE Spieghiamoci: la pubblicazione dei report del Dipartimento di Stato ha finora danneggiato soprattutto l'amministrazione Usa, che impiegherà forse anni per ricostruirsi una credibilità.

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Macolpendo le banche – che già non sono dei santi – la nube tossica potrebbe contagiare tutto il mondo. In particolare l'Europa. E in Europa l'Italia è tra i paesi che rischia di più. L'ineffabile proprietario di Wikileaks, tranquillamente intervistato da Forbes nonostante i fulmini giudiziari della Casa Bianca (la rivista ha la sua sede a New York sulla Quinta Strada), ha annunciato che «all'inizio del prossimo anno una grande banca americana si troverà rovesciata». Ognuno può fare le proprie scommesse, ma non ci vuole molta fantasia per immaginare chi possa essere al centro del mirino. Bene: a settembre 2008 il fallimento della Lehman Brothers fece da detonatore alla crisi planetaria che ancora ci trasciniamo dietro; ma la Lehman, per quanto importante, non era tra i colossi del credito mondiale. La bolla esplose perché i presupposti reali della crisi c'erano già tutti, e la speculazione li ha cavalcati forsennatamente prima e dopo. A distanza di due anni si può dire che le cause siano state rimosse e la speculazione domata? No di sicuro. E di che cosa si alimenta la speculazione? Soprattutto di voci, di inquietudini e anche di ricatti. E dunque chi meglio di Assange per terremotare il mondo? E su quale obiettivi si abbattono i missili di Wikileaks, quali difese trovano a contrastarli? Nessuna contraerea efficace; ma un mondo che in due anni ha prodotto infiniti summit di politici e banchieri, ma di fatto si è diviso a tutela di interessi in contrasto tra loro. Proprio il boccone più ghiotto per gli speculatori. Se c'è un dato che emerge nei file fin qui resi noti, ed al quale pochi hanno finora prestato attenzione preferendo enfatizzare i party di Berlusconi o i complessi napoleonici di Sarkozy, è l'assoluto disinteresse strategico americano per la situazione finanziaria dell'Europa. Eppure molti di quei rapporti sono del 2009, nel pieno della crisi. Segno evidente che per gli Usa di Obama la stabilità europea non era e non è una priorità. Lo avevamo già notato, ma questa è una conferma. Siamo in piena guerra delle valute, ed il dollaro gioca in particolare contro due avversari: l'euro e le tigri orientali, Cina e India su tutte. Alla luce del sole la partita si svolge con le decisioni delle banche centrali e l'import-export. Al piano di sotto (o di sopra) con la speculazione. La quale, appunto, in questo 2010 ha preso di mira l'Europa. Era noto già ad aprile che l'attacco alla Grecia fu deciso da un gruppo di money maker di Manhattan, e che Atene era solo la Sarajevo della situazione. Infatti, scattato il piano salva-Grecia, si è passati all'Irlanda: altro paese piccolo, però fortemente esposto sul piano bancario. Anche il salvataggio di Dublino è scivolato come acqua sul marmo: i mercati puntano sul Portogallo, con destinazione Spagna. Se Madrid finisse sotto tiro, i 440 miliardi del piano di salvataggio europeo, e forse anche i 250 del Fondo monetario, verrebbero prosciugati dalla garanzia sul debito pubblico spagnolo. E dopo? Dopo ci siamo noi. Lunedì lo spread tra Btp e Bund tedeschi ha raggiunto il record di 201 punti. Tensioni per l'asta di quel giorno? No, perché ieri siamo arrivati a 210. Non finirà qui: se un uomo prudentissimo come Gianni Letta paragona questo rischio all'Aids, significa che siamo davvero nel mirino. Prepariamoci. E si preparino le forze politiche anziché rincorrere farfalle.

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