Dietro il gossip c'è altro
C'è un filo incandescente che unisce fatti apparentemente slegati: il caso Wikileaks, le difficoltà della presidenza Obama, le pressioni sul debito sovrano e le oscillazioni dell'euro. È il filo del Tramonto dell'Occidente. Non è il caso di evocare Spengler, anche se non vi è dubbio che i fatti conducono a uno scenario in cui le ombre dominano. L'epicentro del terremoto è negli Stati Uniti che non sono mai usciti dallo shock dell'11 settembre 2001. Dopo questo trauma, gli eventi hanno cominciato a rotolare a valle: la guerra in Afghanistan, l'invasione dell'Iraq, l'uragano Katrina, il crac finanziario del 2008 travolgono Bush, la recessione e la disoccupazione crescente, il disastro ecologico al largo della Florida, il pantano militare dell'Afghanistan, le elezioni di midterm e il caso Wikileaks sono la pena di Obama. In mezzo a tutto questo, ci sono l'Europa e l'euro. Icone di un benessere in declino di fronte all'emergere di altri Paesi. È un quadro che in Italia non racconta quasi nessuno in maniera unitaria. Tutti si occupano di fornire una versione parziale della storia, mostrare un pezzo del mosaico e tralasciare tutto il resto, cornice compresa. Qualcuno addirittura prova a fare l'operazione più sfacciata: mette la cornice e il quadro non c'è. E invece sarebbe importante mostrare l'opera in fieri nella sua interezza perché è su questi temi che ci giochiamo il futuro. Non sulle prediche di Santoro ad Annozero, non sui sermoni di Saviano. Quel che ci dispensano i cantori del Paese alla rovescia non fa parte delle cose che cambiano davvero la nostra vita. Ci sono eventi che passano sopra la nostra testa ma sono decisivi. Il cataclisma di Wikileaks è uno di quelli La vittima della più grande fuga di notizie della storia è l'America e invece di gridare al falso qui e strumentale di là, occorrerebbe dare una mano agli Stati Uniti. Rischiano un default diplomatico enorme. Mentre le agenzie sputavano i dispacci sulla salute di Berlusconi - sulla quale dopo tornerò - su Wikileaks cominciano ad emergere report di enorme importanza, cose destinate a cambiare davvero il mondo e le relazioni diplomatiche. Anche sull'Italia - al di là delle varie considerazioni sul fisicaccio del Cav - stanno venendo fuori report e analisi interessantissimi. Uno firmato dall'ex ambasciatore americano a Roma, Ronald P. Spogli, è davvero notevole. Una serissima analisi sui nostri rapporti con la Russia, le ragioni storiche e quelle contemporanee, gli umori politici e i retroscena del business legittimo con la Russia di Putin. Materiale prezioso per chi non vuole fermarsi alle apparenze, agli slogan, alle battute da bar o barberia di Montecitorio. L'attenzione quasi maniacale per la salute del Cav non è un tributo al gossip, come qualcuno goffamente s'avventa a dire. Gli Stati Uniti monitorano da sempre la longevità e le condizioni di salute di tutti i leader del mondo. Pensate a Fidel Castro. Eterno. Mummificato. Corpo d'un Regime. Figurarsi se non lo facevano per una sagoma come quella di Berlusconi, un tipo estroso che va in giro con la fama di attaccasottane. Latino e italiano, il Cav attira l'attenzione di chi cerca di capire cosa sta accadendo nel Palazzo. Visto che è amico per la pelle di Putin, è roba da cremlinologi. Ma non essendo ancora l'Italia l'Urss dei raffreddori di Cernenko, della sua vita privata sappiamo fin troppo. Gli americani riportano quelle impressioni sul Cav perché hanno bisogno di capire, immaginare e metabolizzare un futuro senza Berlusconi. Anche loro sanno che di alternative non ce ne sono. Questo vuoto è percepito dai nostri alleati come un pericolo nel momento in cui nel Palazzo si organizza un putsch senza avere almeno due o tre idee chiare. Le domande che si sono sempre posti i funzionari della sezione politica dell'ambasciata americana a Roma, sono sempre le stesse: cosa farà Berlusconi? Chi sarà il suo successore? Che tipo di soluzione è ipotizzabile in futuro? Quali partiti resteranno in piedi dopo la sua uscita? Sono domande semplici, che implicano però una risposta verosimile e proiettabile in uno scenario politico. Gli Stati Uniti guardano al Cavaliere con preoccupazione non per la sua salute - non sono così altruisti - ma per i destini del Paese al centro delle rotte del Mediterraneo. Quando si parla della salute di Berlusconi, si proietta l'immagine dell'Italia, perché anche i detrattori devono ammettere che dopo di lui niente sarà come prima. E cosa c'è dopo? Buio fitto. In questa oscurità si muovono le altre pedine sulla scacchiera della politica. Le rivelazioni di Wikileaks mostrano un Paese - gli Stati Uniti - oscillare tra il mondo disegnato dai patti di Yalta e quello del XXI° secolo emerso dalle polveri delle Torri Gemelle. L'Europa osserva il gioco in corso ma non fa una mossa. È un giocatore obeso e con le gambe molli. In realtà solo a Bonn giocano durissimo. I tedeschi hanno capito che il modello europeo mostra la corda, rischia di saltare e l'euro in queste condizioni per loro non è più un vantaggio. Devono pagare i default del Club Med. E gli americani svalutano il dollaro e pompano denaro nel sistema attraverso la Fed. L'Europa sta cercando di capire cosa fare per salvarsi dalla tempesta speculativa sul debito sovrano. La guerra è in corso, presto conteremo i morti e i feriti. È questa la faccia feroce della crisi. Stavolta non solo americana ma italiana, spagnola, portoghese, di tutti quei Paesi con problemi contabili via via sempre più insuperabili senza un piano reale di dismissioni, e tagli pesanti alla spesa pubblica. Quel che sta accadendo nell'eurozona è visibile: il Vecchio Continente scricchiola, la moneta unica è in difficoltà, i tedeschi hanno preso in mano il volante e cominciano a pensare che, in fondo, un ritorno ai box del caro vecchio marco non sarebbe male. La Germania non monta gomme da pioggia, ma i cingolati. Qualcuno cominci a scavare la trincea.