Silvio Berlusconi non molla.

Ribadisce la sua linea: o fiducia ampia o voto. Ripete, in un messaggio inviato a Forzasilvio.it, che il governo fa, agisce. Dall'università ai rifiuti di Napoli. «Lasciamo agli altri - sottolinea il presidente del Consiglio - le manovre e gli agguati di palazzo. Lasciamo agli altri le chiacchiere e le polemiche inutili. Noi continuiamo a lavorare». Dunque, il Cavaliere si chiama fuori. In tutti i sensi. All'estero incassa un attestato di stima di Hillary Clinton e si prepara alla prossima tappa a Mosca. Si chiama fuori dalle diatribe di tutti i giorni e lascia invece che a parlare sia solo Gianni Letta. Solitamente taciturno, il braccio destro del premier da giorni parla, interviene, sollecita. Fa battute. Si mette in linea con ciò che chiede Napolitano a proposito del suicidio del regista Mario Monicelli: «Ci vuole rispetto». Scherza mentre presenta gli eventi delle celebrazioni del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia: «La nostra è una repubblica fondata più che sul lavoro sulla tv». E soprattutto rilancia: «Se, sui temi seri che riguardano i nostri cittadini, si discutesse e si trovasse una soluzione al di là degli schieramenti, forse migliorerebbe la politica del nostro Paese e ci guadagnerebbero i cittadini». Che cosa vuol dire? Cercano di interpretarlo i big del Pdl che si incontrano negli uffici del gruppo del Senato. Ci sono i tre capigruppo (Gasparri, Quagliariello e Cicchitto), i ministri Gelmini, La Russa, Matteoli e Brunetta, il vicepresidente della Camera Lupi. Si fa il punto sulla situazione, si ripassano i numeri soprattutto alla Camera. E viene deciso la consegna per la settimana prossima, quando la Camera fermerà i suoi lavori: silenzio. Silenzio per non cadere alle provocazioni che arriveranno dall'ala dura di Fli. Appunto, Fli. Nel Pdl c'è ancora molta fiducia che un pezzo dei finiani non voti la sfiducia anche se all'interno del partito del presidente della Camera sembra in corso un vero e proprio regolamento dei conti. I falchi premono perché la mozione di sfiducia venga firmata da tutti i deputati in modo che non possano esserci defezioni e tutto si svolga a carte scoperte. Il testo ancora non è stato presentato mentre Casini abbia già preso l'iniziativa. C'è poi un altro conflitto che si è aperto. Il capogruppo Fli al Senato, Pasquale Viespoli, è praticamente escluso da qualunque decisione, fatto fuori, relegato a un ruolo di comprimario. Tanto che si è sfogato con alcuni colleghi di partito: ormai non gli dicono più nulla. Per questo ieri pomeriggio Andrea Ronchi ha provato a frenare: «Gianfranco Fini ha messo sul tappeto questioni politiche, una nuova agenda per quanto riguarda l'economia e un'apertura sulla legge elettorale. Aspettiamo, vediamo e, a seconda delle risposte, o delle mancate risposte, il 13 decideremo». Nessuna scelta è compiuta. Sarà, ma nel Pdl si guarda con più attenzione a quel che succede al centro. Trattative sono in corso con pezzi dell'Udc e del Pd, in particolare con l'area teodem che ieri ha alzato la voce contro l'inno all'eutanasia che veniva da sinistra. Ora bisognerà capire se questi piccoli gruppi siano disposti a votare la fiducia senza aver chiuso alcun accordo. L'intesa, se ci sarà sarà dopo. O si va al voto.