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Il ritorno di "Scalfari" Dracula

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Eugenio Scalfari all'Università La Sapienza

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Tenetevi stretti a tutte le maniglie o grattatevi a volontà perché ci aspetta, secondo una profezia di Eugenio Scalfari, una «tempesta economica» che «durerà certamente per tutto il 2011, probabilmente ancora nel 2012 con effetti sperabilmente attenuati ma non ancora scomparsi nel 2013". A causa inoltre di un debito pubblico "che si trova al 118% del pil e raggiungerà il 120 l'anno prossimo", ma che dovrà abbassarsi al 60% entro il 2013 su prevedibile ordine dell'Ue, ci aspetterebbe, sempre tra il 2011 e il 2013, "una manovra complessiva di 45 mila miliardi di euro" l'anno. È "una cifra stratosferica e sicuramente negoziabile", concede il nostro profeta sperando in un rientro del debito "fino all'80%" o in "una rateizzazione decennale nell'ordine di 30 miliardi in tre anni e di 15 in dieci anni". L'oracolo ci ha tuttavia regalato una carta di riserva, diciamo così, per attenuare i danni della tempesta: "una riforma fiscale - ha scritto - che tassi il patrimonio in favore dei redditi medio-bassi, dei consumi, del lavoro e delle imprese". Ma è una carta non spendibile - ha avvertito - da "un governo Berlusconi-Tremonti". Di cui pertanto occorre liberarsi al più presto, non lasciandosi scappare l'occasione della sfiducia offerta dalle mozioni che saranno votate il 14 dicembre al Senato e alla Camera. E qui le profezie economiche e finanziarie s'intrecciano con quelle politiche, esposte in base solo a "dati di fatto", ha cercato di assicurare Scalfari volendo allontanare il sospetto di averle ricavate dai suoi vecchi e noti rapporti di amicizia con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Lungi da noi, insomma, l'idea ch'egli sia un infiltrato al Quirinale, paragonabile agli "infiltrati a Palazzo Chigi" dileggiati ieri nell'editoriale domenicale di Repubblica. Nel quale Scalfari ha dato del "matto" al presidente del Consiglio, accomunato al Mussolini del 1935: quello che attribuì le sanzioni dopo la guerra di Abissinia ad un complotto "demo-giudo-plutocratico". Le elezioni anticipate in caso di crisi sarebbero naturalmente sconsigliate dalla "tempesta economica". Sarebbe invece auspicabile un nuovo governo "accettato dal fronte berlusconiano e dal fronte opposto". In via "subordinata", considerando evidentemente improbabile la prima soluzione, Scalfari consiglia "un governo di minoranza che si regga sull'astensione dei finiani e dei centristi, ma abbia però al primo punto del programma la revisione sostanziale della legge elettorale, oltre ovviamente ad una tenuta coerente della politica economica". Che dovrebbe contemplare - si presume - la già ricordata riforma fiscale raccomandata per "tassare il patrimonio - ripetiamo - in favore dei redditi medio bassi, dei consumi, del lavoro e delle imprese". L'obbiettivo da colpire con la gragnola fiscale raccomandata dal nostro profeta, e già proposta dal Pd di Luigi Bersani, è il ceto medio, che da anni la sinistra confonde con i nababbi. L'ultimo governo di Romano Prodi, nato per far "piangere finalmente i ricchi", come gridarono i compagni di Bertinotti, estese lo scaglione di redditi tassabili con l'aliquota massima del 43% da 100 mila a 75 mila euro lordi l'anno. I redditi da 55 mila a 75 mila euro si videro assegnare l'aliquota del 41%, contro il 39 fissata dai precedenti governi di centrodestra. La vocazione fiscale della sinistra è semplicemente suicida. Dracula torna a bussare alla porta.  

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