Fini e Casini patto illusorio

Sembra un ossimoro, uno dei tanti della politica, ma è solo l’ennesimo, forse estremo richiamo alla realtà quello che ha lanciato ieri Berlusconi parlando del piano per il Sud in arrivo oggi al Consiglio dei Ministri. Dove martedì approderà anche la riforma della giustizia. Il Cavaliere ha abbinato l’"ottimismo", che gli fa portare avanti il programma di governo, alla preoccupazione, anzi all’allarme, per la "irresponsablità" di quanti, all’interno e all’esterno della maggioranza, spingono per la sua caduta. Anche a costo di rendere inevitabili le elezioni anticipate "in un momento di crisi economica e monetaria internazionale" come questo, così ben descritto e spiegato proprio ieri ai nostri lettori da Marlowe. In effetti, uno scioglimento prematuro delle Camere, ma anche un semplice galleggiamento del governo nella palude parlamentare alla quale Fini e i suoi amici hanno ridotto la solida maggioranza espressa due anni e mezzo fa dagli elettori, offrirebbe un’imperdibile occasione alle più spericolate speculazioni finanziarie. Di cui subirebbero i maggiori danni i ceti meno protetti e abbienti, che non sono quelli rappresentati dai ragazzi cinicamente manovrati e scatenati in questi giorni in tutta Italia contro la riforma universitaria, con l’ostentato supporto dei vari Bersani, Di Pietro e Vendola. Dai quali è naturalmente inutile attendersi un ritorno alla saggezza, se mai ne hanno avuta un po’, di fronte alle scadenze e ai problemi richiamati dal presidente del Consiglio, ma anche dal capo dello Stato. Senza il cui intervento -non dimentichiamolo- si sarebbe forse arrivati alla crisi di governo senza approvare prima la legge di cosiddetta stabilità e di bilancio: una prospettiva semplicemente da manicomio. L’unica direzione dalla quale il buon senso spinge ad attendersi un segnale positivo è l’Udc di Pier Ferdinando Casini, cui si è non a caso rivolto esplicitamente in questi giorni Berlusconi, pur chiedendo un troppo riduttivo e forse neppure negoziato appoggio esterno. Ma le cose, specie in caso di conferma della fiducia nelle votazioni parlamentari fissate per il 14 dicembre, potrebbero cambiare. Debbo tuttavia confessarvi lo sgomento che mi ha procurato ieri mattina nella buvette di Montecitorio l’allegria goliardica con la quale Casini s’intratteneva con un bel numero di finiani, che alternavano le loro giocose consumazioni alla guerriglia in aula contro il governo. Più vedevo Casini divertirsi e più mi chiedevo che tipo di gastro o epatoprotettivo egli avesse ingerito prima di uscire da casa. Me lo chiedevo pensando, fra l’altro, a ciò che il giorno prima aveva impietosamente rivelato Berlusconi in una conferenza stampa a Palazzo Chigi. Dove aveva raccontato che a sbarrare le porte del centrodestra a Casini alla vigilia delle elezioni politiche anticipate del 2008, negandogli la possibilità di partecipare al cartello berlusconiano con la sua Udc senza confondersi nelle liste unitarie del Pdl, fu Fini. Il quale, quindi, non solo era saltato sulla carrozza del Pdl dopo averla derisa, e incoraggiato quindi Casini a starsene lontano, ma poi aveva voluto lasciarlo a terra come alleato. Alla luce di questo precedente sarebbe un’incredibile ingenuità per Casini puntare o prestarsi ad un accordo con Fini per scalare l’uno Palazzo Chigi e l’altro il Quirinale in un improbabile futuro, secondo voci che sembrano giunte anche al Cavaliere. Più che un progetto, pare la favola della rana e del bove.