Cento deputati in meno il Pd ha paura del voto
Sono settimane che i tecnici del Pd sono al lavoro. Contano e ricontano, ma il risultato non cambia. E con l'avvicinarsi del voto di fiducia del 14 dicembre la cosa crea un certo allarmismo. Perché al di là delle dichiarazioni ufficiali che mostrano la sicurezza di chi sente di aver in pugno la situazione, in via del Nazareno la paura è tanta. I sondaggi pubblici, infatti, sono impietosi (il Pd non supera il 25%) e anche in quelli privati la musica non cambia. Tutto questo si traduce in un semplice dato: con la caduta del governo e la prospettiva sempre più concreta di un voto anticipato il Pd rischia una clamorosa batosta. E, soprattutto, un clamoroso ridimensionamento della sua pattuglia parlamentare. In particolare alla Camera dove il Partito Democratico passerebbe da 217 deputati (tanti erano a inizio legislatura anche se attualmente sono 206) a 137, forse anche di meno. Un calo netto di 80 poltrone, 100 nella peggiore delle ipotesi. Dovessero venire confermati i dati delle ultime rilevazioni, infatti, Lega e Pdl vincerebbero le elezioni aggiudicandosi il premio di maggioranza e 340 seggi, mentre i restanti 290 verrebbero divisi tra tutte le forze di opposizione. Con Idv, Sel, Fli e Udc che farebbero "shopping" ai danni dei Democratici. Fantapolitica? Forse. Ma dalle parti del Pdl sono convinti che questo elemento influirà e non poco sul voto di fiducia del 14. E così, negli ultimi giorni, oltre a contare la pattuglia di chi si dice disponibile ad appoggiare il governo, si fanno anche ipotesi su quali deputati democratici, di fronte alla certezza di non essere rieletti, potrebbero decidere di non presentarsi affatto in Aula. C'è chi parla di una decina, ma c'è chi dice che di questi potrebbero far parte i sei Radicali. Anche se dopo "l'appello" di Marco Pannella non ci sarebbe stato alcun segnale da parte della maggioranza e la possibilità di un accordo sarebbe già tramontata. Ma al di là dei conteggi una cosa è certa: pur dicendo di non temere le urne il Pd continua ad invocare una soluzione diversa dal ricorso alle urne. Anche ieri, al convegno organizzato presso l'abbazia di Spineto (Siena) che ha segnato il ritorno ufficiale di Romano Prodi, il messaggio è stato univoco. «La democrazia - ha spiegato il Professore - non è solo voto, ma prospettiva per il futuro e la crisi in cui ci troviamo richiede di prendere decisioni spiacevoli e di lungo periodo che sono in contrasto con i tempi elettorali». E poco prima Pier Luigi Bersani aveva chiarito: «Noi non vogliamo le elezioni, vogliamo un governo che cambi la legge elettorale». E che magari tolga il premio di maggioranza, impedendo a Pdl e Lega di conquistare la maggioranza dei deputati lasciando il Pd in balia di Udc, Idv, Sel e Fli.