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Assalto ai monumenti per fermare la riforma

Nichi Vendola sulla Torre di Pisa contro la riforma Gelmini

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Giovedì, ad alta tensione, nell'Italietta che salta sulle barricate, un giorno sì e uno no. Le proteste studentesche contro il ddl Gelmini sono una nebulosa eterogenea dove convergono liceali, cani sciolti, docenti, precari, ricercatori universitari. La riforma in esame alla Camera scatena i bassi istinti, dà la stura a rigurgiti insurrezionali, rispolvera antichi riti, studenti contro celerini, stridor di manganelli, odor di lacrimogeni, tristi ritornelli genere «piazza di Spagna, splendida giornata, traffico fermo, la città ingorgata» «no alla scuola dei padroni! Via il governo, dimissioni!».   È politica-spettacolo, anche, le immagini dello studente con la testa sanguinante rimandate all'infinito in tv, l'assalto al Colosseo (e alla Torre di Pisa, alla Mole Antonelliana, a Sant'Antonio a Padova). Bilancio dei tafferugli: uno studente liceale ferito a Milano, nessun fermato. Ieri mattina fuori c'era il finimondo, a Montecitorio il solito teatrino che si chiudeva con la decisione dei capigruppo di far slittare il voto finale sulla riforma al 30 novembre. Amen! Il governo è stato anche battuto su un emendamento «di scarso rilievo» presentato da Futuro e libertà. Furente il ministro Gelmini: «Mi auguro che non vengano votati emendamenti che stravolgano il senso della riforma. Mi vedrei costretta a ritirarla». Per martedì gli studenti si sono già prenotati per il sit in in piazza Montecitorio.   In aula si partirà con l'emendamento anti-dinastie. Ieri è passato quello che chiude l'epoca dei rettori-satrapi. I Magnifici resteranno in carica solo per un mandato di sei anni. Perché la riforma è anti-baroni. «Nessuno ha mai pensato di possedere una bacchetta magica ma la riforma Gelmini modernizza il nostra sistema universitario» ha detto Gaetano Quagliarello vicepresidente dei senatori Pdl che ha spronato «davanti al triste spettacolo» di questi giorni «il mondo accademico a non restare inerme perché non è serio stracciarsi le vesti per la condizione comatosa dell'università e poi avallare con un complice silenzio la trasversale guerriglia di conservazione».  

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