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Vi rubate il futuro

Manifestazione degli studenti a Roma contro la riforma Gelmini

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Questi nuovi branchi di studenti in piazza sono soltanto una delle ultime penose incarnazioni di quel fanfarone eterno - sempre immancabilmente presuntuoso, saccente, vanesio, violento e codardo - che ogni tanto, in tutti e i tempi e sotto tutti i cieli, non sapendo fare niente, vorrebbe cambiare tutto. Certo oggi questo fanfarone quando scende in piazza non dichiara più apertamente, come una volta, di voler cambiare il mondo. Più modestamente sostiene di voler solo cambiare qualcosa. Magari, per esempio, un articolo di una legge. Ma quel che per lui conta davvero non sono mai i messaggi che lancia ogni volta. Per esempio le scemenze che sta scodellando in questi giorni coi suoi slogan, i suoi striscioni e le sue farfuglianti intervistine, nelle quali di solito non sa fare altro che ripetere a pappagallo la lezioncina impartitagli dai suoi capetti e pastori politici e scolastici. Quel che per lui conta davvero è la forma, anzi la scena, della sua lotta. Che essendo appunto la piazza, gli permette di credere di essere un tribuno destinato a passare alla storia. L'entusiasmo con cui questi nuovi armenti di studenti sobillati e infinocchiati dai loro burzttinai stanno sciamando nelle nostre piazze presuppone fra l'altro la ferma convinzione che soltanto piazzeggiando essi possano esprimere al meglio il loro nobile desiderio di una scuola migliore di quella di cui purtroppo dispongono. La loro candida fede nella possibilità di accelerare la soddisfazione di questa giusta esigenza riversandovi in massa nelle piazze è tuttavia assolutamente illusoria. Questo i più furbi fra loro lo sanno, ma fingono di non saperlo. Gli altri invece non lo sanno e non vogliono saperlo. E se molti di coloro che potrebbero capirlo stentano invece a capirlo, ciò è certamente dovuto anche al fatto che i loro insegnanti, affiancandosi alle loro lotte, anzi mettendosi alla loro testa, e sventolando al loro servizio gli avanzi di una cultura politica che tende a divinizzare l'azione delle masse e la loro pretesa coscienza, hanno sempre evitato con cura di spiegare loro che la piazza è la scena sulla quale di solito si esprimono i peggiori abbagli e istinti collettivi. L'aspetto più grottesco e anche toccante della faccenda è che questi ragazzi, con tutta la loro dotta borietta predicatoria e riformatrice, non capiscono niente di niente. Dal più audace dei loro slogan – quello in cui essi si dicono decisi a "riprendersi" il loro futuro – si può per esempio dedurre che sono incapaci di capire che un'espressione del genere, implicando la servilissima idea che il futuro di ognuno di loro possa essergli stato sottratto da qualcuno che non sia lui stesso, può venire in mente soltanto a un cretino privo di una briciola di dignità e di orgoglio, e per ciò stesso votato a un'esistenza schiavile. Suppergiù la stessa candida insipienza può dedursi dal fatto che si lasciano infinocchiare tranquillamente dai loro burattinai senza trarre nessuna conseguenza dalla sfacciataggine con cui quei circonventori di incapaci ammettono apertamente che la vera e sola ragione per cui li lusingano e pompano è il proposito di rispedire Berlusconi a casa. E un'ancor più deprimente ottusità tracima dalla loro decisione di ignorare, o di fingere di ignorare, che se la scuola italiana versa oggi in condizioni effettivamente deplorevoli, ciò è dovuto alle disastrose politiche attuate in passato nel settore della pubblica istruzione proprio da quella sinistra nella quale essi riconoscono oggi la loro somma magistra di scuola e di vita. Ragazzi, sveglia: affrettatevi a capire che a rubarvi il futuro siete stati voi stessi con la vostra candida ignoranza e presunzione.  

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