Relazioni poco diplomatiche
Perché?Non è difficile immaginare che nei report possano esserci giudizi duri, privi dello schermo di bon ton con il quale la diplomazia si muove in pubblico. Questo è assolutamente normale, ma è chiaro che se cala la maschera della politica di relazione e si svela il vero volto e pensiero della potenza globale sui suoi amici (e nemici), allora tutto lo scenario può mutare. La Realpolitik è già in movimento. Tutte le sedi diplomatiche americane - compreso quella di Roma - hanno già allertato i governi e stanno informando uno ad uno i potenziali soggetti della pubblicazione online dei report. I diplomatici vivono queste ore con grande preoccupazione, si scusano con i loro interlocutori, non nascondono il proprio imbarazzo e cercano di calcolare quali danni possono derivare da queste rivelazioni. Dal governo italiano per ora non giungono segni di vita, anche se il circuito informativo che si occupa di sicurezza è già in tensione. Fare lo scenario può aiutare tutti a comprendere cosa sta accadendo. Prendiamo il caso più vicino a noi, quello italiano. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha appena incassato la soddisfazione del presidente Barack Obama per il nostro contributo militare in Afghanistan e il vertice di Lisbona per il Cavaliere è stata una conferma della bontà delle sue scelte sulla politica estera. Ma se dovessero saltar fuori documenti critici sulla maggioranza, il suo leader e l'operato del governo cosa accadrebbe? Il Dipartimento di Stato non può ovviamente smentirli e il nostro governo di fronte a rivelazioni importanti avrebbe due strade davanti: 1. tacere e far valere la legge della realpolitik che impone a tutti di seguire le proprie linee guida di politica estera; 2. parlare apertamente e manifestare il proprio disappunto sulle valutazioni espresse. É chiaro che in presenza di rivelazioni clamorose, il patatrac diplomatico potrebbe davvero essere grande. Non solo, il rischio concreto e che i contenuti dei report siano utilizzati ai fini di una campagna politica che è in corso per destabilizzare ulteriormente il governo. Cosa farebbe l'opposizione? E i finiani? E i giornali progressisti che oggi costituiscono la sola vera opposizione all'esecutivo? Sono domande che dovrebbero porsi i governanti e, francamente, non so quante davvero se ne siano posti in queste ore. Chi pensa che questo sia un argomento meno importante delle uova marce tirate dagli studenti, dei tira e molla in Parlamento e di qualche apparizione in televisione, non ha capito come gira il mondo e quali forze realmente sono in campo. Cosa succede se un politico della maggioranza viene citato in un report e gli vengono attribuiti giudizi poco lusinghieri nei confronti del suo partito, del governo o del suo leader? Quale linea di condotta prendere di fronte alla possibile rivelazione di connection di Stato che possono mettere in imbarazzo personalità di spicco della maggioranza e dell'opposizione? Bastano questi semplici casi scolastici per rendersi conto di quale potenziale distruttivo hanno questi documenti. Dire che gli Stati Uniti sono stati incapaci e imprudenti non serve più a niente, la frittata è fatta. Semmai occorre riflettere sulla natura della democrazia e della stessa leadership espressa dagli americani. Il presidente Obama è figlio di internet, nella sua elezione i social network, Facebook e Twitter, hanno giocato un ruolo chiave e la democrazia americana è la più trasparente del mondo. Alla Cina e alla Russia - due sistemi autoritari - certi incidenti non succedono. Gli Stati Uniti possono tornare indietro? No, non è possibile. É un nuovo costo della democrazia e lo stiamo scoprendo ora. É l'agorà digitale sulla quale si fonderà sempre più la nostra libertà di fare bene o male.