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Il Cav tenta l'Udc E Casini ci pensa

Silvio Berlusconi

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Tutti coloro i quali si affannano a disegnare improbabili scenari sul futuro del governo, alla fine dovranno rassegnarsi: i tempi e i modi della crisi - se crisi sarà - li decide lui. A dispetto di quanti continuano a far finta che Silvio Berlusconi sia improvvisamente scomparso dalla vita politica italiana, lui c'è. E detta la linea. Intanto la fiducia: «Ci sarà. Governeremo. Ma - assicura - se non sarà possibile farlo perché alla maggioranza della fiducia non dovesse seguire una maggioranza in grado di attuare le riforme, è chiaro che ci recheremo dal Capo dello Stato e chiederemo il voto agli elettori». Alla domanda su un suo possibile passo indietro per sbloccare la crisi, lui si toglie un sassolino dalla scarpa: «Io un passo indietro? Dovrebbe farlo qualcun altro. Il presidente della Camera dovrebbe essere il primo, visto che ha dato vita a un partito fondato non sui valori della maggioranza ma sulla sua persona. E visto che non è super partes, ma partes in maniera assoluta», dice riferendosi alle posizioni più volte espresse dal leader di Fli. Poi, dopo tante chiacchiere (Casini sì, Casini no, Casini forse) un messaggio chiaro ai centristi: «Penso che l'Udc abbia perso un'occasione enorme. Quando c'è stata l'operazione dei cosiddetti finiani, in un momento di crisi globale, quando era importante continuare con un governo solido, c'era l'occasione per avanzare e dire: "Lo facciamo nell'interesse del Paese", appoggiando questa maggioranza dall'esterno. È un'occasione ancora straordinaria», spiega. Il Cav, dunque, chiude alla possibilità di un nuovo esecutivo e «consiglia» ai centristi di «appoggiare dall'esterno» il governo. «Pensino al bene del Paese e non a quello di Casini», attacca. Il leader dell'Udc gli risponde per le rime: «Il presidente del Consiglio è in un evidente stato confusionale. Questo governo dovrebbe dimettersi. Se veramente Berlusconi ha a cuore il Paese più che la sua poltrona e la sua permanenza a Palazzo Chigi, si dimetta, apra una crisi vera, perché il governo "vivacchia" e non ce la fa ad andare avanti. Poi vedremo di trovare le soluzioni giuste», spiega. Gli fa eco il segretario dei centristi Lorenzo Cesa: «Ringraziamo Berlusconi per i consigli che ci ha dato, ma sono troppo interessati per risultare credibili. Pensi lui all'interesse del Paese e non perda un'occasione storica: si dimetta e apra una fase politica nuova». Rocco Buttiglione è un po' più soft, ma il messaggio è lo stesso: «Siamo disponibili a sederci attorno ad un tavolo per esaminare le varie proposte, ma prima Berlusconi dovrà rassegnare le sue dimissioni», commenta. Tra Berlusconi e Casini è finita una volta per tutte, si dirà. L'impressione, in realtà, è che un accordo tra i due sia meno impossibile - e improbabile - di quanto sembri. Pdl e Udc sanno che, mettendo da parte antichi rancori, possono dar vita ad una maggioranza in grado di assicurare stabilità al governo. È quello che vuole Berlusconi. Ed è quello che vuole Casini. Solo, i due leader stanno trattando. L'uno tenta di giocarsi nel modo migliore possibile le carte a disposizione per ottenere di più dal gioco dall'altro. È politica dopotutto. Il Cav non vuole fare la fine di Prodi, costretto alla conta col pallottoliere ad ogni provvedimento. E il leader dell'Udc non vuole fare la figura della bandierina di fronte a chi lo ha eletto e agli altri rappresentanti dell'opposizione e pone come condizione indispensabile dell'accordo le dimissioni del presidente del Consiglio. Il gioco continuerà, ma la soluzione in grado di accontentare entrambi non è poi così distante. A dimostrarlo anche il commento di Umberto Bossi, che è riuscito a dire che un eventuale appoggio dei centristi al governo «sarebbe positivo». A sgonfiarsi è invece l'ipotesi del Terzo polo. Fini e Rutelli dovranno farsene una ragione. Ieri il Cav ha lanciato un ulteriore messaggio al leader Udc: «Ciascuno dovrebbe restare fedele al voto ricevuto. L'Udc si è presentato da solo - ha sottolineato - per l'opposizione di Gianfranco Fini che non voleva facesse un accordo con il Pdl». Casini lo sa. Non ha dimenticato. È perché non gradito al presidente della Camera che adesso è all'opposizione. Altro che Terzo polo.

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