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La scalata di Alemanno al Pdl

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Gianni Alemanno e Renata Polverini

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La data è già fissata. E non è casuale: il 12 dicembre al Teatro Adriano. A 48 ore dal giorno più lungo per il governo Berlusconi, e per il centrodestra, il neonato gruppo di Alemanno in Campidoglio, (che ha scelto il nome emblematico «Progetto Capitale») farà la sua prima uscita pubblica. Una prova di forza non solo necessaria ma strategica per il ruolo sempre più decisivo di Gianni Alemanno all'interno del Pdl. Una scalata, quella del sindaco verso i vertici del partito che al momento ha segnato solo successi. Lui, che di scalate poi se ne intende, è tra i più citati dentro e fuori le trasmissioni tv, interviste, riunioni più o meno ufficiali. Tirato in ballo sui valori della destra (La Russa: non potevano chiamare Alemanno invece di Fini?); nominato dal ministro Carfagna nell'intervista dove ha annunciato le dimissioni e ancora, ieri, Gasparri: «Non sono l'unico ad essere veramente di destra, in Italia ce ne sono tanti come me: Alemanno, La Russa, anche Storace». E il sindaco ci sta. Parla, commenta, rivolge appelli. «L'utilizzo di simboli di partito ben difficilmente può essere legato semplicemente ad un fatto di copyright. Comunque è una questione da vedere» ha detto ieri commentando l'ultima querelle Fini-Berlusconi sul simbolo del partito. Il partito certo. Perché al di là del nome, Alemanno forse prima di altri ha capito l'importanza dell'organizzazione territoriale. È stato lui a lanciare i congressi locali, lui a spingere ancora sulla strada del Pdl. E dalle parole si passa ai fatti, partendo da Roma. Un gruppo di chiaro riferimento alemanniano in Campidoglio è il primo passo, così come non chiudere completamente la porta agli «amici» di Fli e dunque confermare, nonostante i malesseri del Pdl, l'assessore alla Cultura che ha aderito ai finiani. Poi le riunioni, praticamente giornaliere per la chiamata alle armi in caso di elezioni anticipate. Un'ipotesi che sempre Alemanno auspica in caso di una maggioranza parlamentare risicata. Poi il rapporto con la presidente della Regione, Renata Polverini che dopo qualche scontro iniziale, soprattutto sulla riforma di Roma Capitale, vive ora una nuova stagione. Un asse Alemanno-Polverini per tenere saldo il centrodestra e cancellare lo spauracchio di divisioni e contrasti programmatici e politici. Per questo, la Polverini avrebbe già deciso di fare un passo indietro sulla costituzione di una propria lista alle amministrative di primavera che coinvolgeranno decine di comuni nel Lazio. «C'è già abbastanza confusione», ha detto pochi giorni fa. Un segnale importante, se non addirittura vitale, per il Pdl che deve ripartire proprio dalla Capitale. Dove tutto è cominciato nel bene e nel male. Dal 1993, quando Fini si candidò a sindaco contro Rutelli e la "benedizione" di Berlusconi sdoganò l'allora Msi, fino a marzo di quest'anno, quando sul palco di San Giovanni, alla chiusura della campagna elettorale per le regionali, accanto a Renata Polverini c'era solo il premier e non Fini che pure la indicò come candidata alla presidenza del Lazio. E sempre dalla Capitale può nascere un nuovo Pdl, stavolta sotto la stella di Alemanno.

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