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Gli avversari di Silvio sono alla canna del gas

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Se Silvio Berlusconi è politicamente alla canna del gas, come si legge sui giornali che ne annunciano inutilmente la fine da più di quindici anni, i suoi avversari sono alla canna del gas vera, alla quale si attaccano i disperati nell'ultima, estrema crisi di nervi. Deve essere assai pesante l'aria dalle parti della solita Repubblica di carta, dove si teme che svanirà il sogno della crisi di governo nelle votazioni parlamentari del 14 dicembre sulla fiducia, se ha ceduto a scenari tragici persino il simpatico e mite Giovanni Valentini. Del quale sono amico ed estimatore, per ragioni anagrafiche, da più tempo ancora del direttore de Il Tempo Mario Sechi, con cui ho condiviso la sorpresa leggendo ieri un suo "Sabato del villaggio" alla rovescia. Che si abbandonava a questa funerea previsione o speranza: "Sarà l'onda lunga della crisi economica globale a sommergere prima o poi gli ultimi relitti del berlusconismo".   Il sabato della famosa lirica di Giacomo Leopardi è "di sette il più gradito giorno, pien di speme e di gioia" perché "diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascun in suo pensier farà ritorno". Proprio di sabato, invece, il nostro amico Valentini, caro Sechi, ha voluto augurarsi e augurarci miseria e fame pur di vederne travolto l'odiato berlusconismo. Che egli si è spinto, in un altro impeto di negatività, a rappresentare come una miscela diabolica di "individualismo, edonismo, machismo, darwinismo sociale, consumismo esasperato che informa il senso comune". Dio buono, Giovanni. Mi trattengo da altre espressioni perché temo di non incontrare un confessore indulgente come il buon monsignor Rino Fisichella, in grado di "contestualizzarle", anche a costo di procurarsi i rimbrotti del D'Alema di turno. Che ha recentemente incitato lo stesso monsignor Fisichella e, più in generale, la Chiesa a sommergere la politica italiana di "ingerenze", purché antiberlusconiane. Di fronte al berlusconismo recepito e rappresentato da Valentini capisco la delusione procurata a sinistra dal povero Romano Prodi quando si limitò a identificarlo per numero e abitudini in "quelli che sostano in doppia fila". Eh, no. Il berlusconismo deve essere considerato qualcosa di ben più grave e pericoloso. Il cui antidoto, da adottare con spirito tanto penitenziale quanto liberatorio, è evidentemente una società pauperistica e collettivistica: la società del cilicio e dell'indigenza. Quella già indicata e raccomandata, in funzione allora anticraxiana, dal povero Enrico Berlinguer e prima ancora, debbo dire, da Ugo La Malfa. Che nei primi anni Settanta, attratto dall'idea di un dialogo sui "contenuti" con l'opposizione di sinistra rappresentata dal Pci, prese posizione all'interno della maggioranza contro l'adozione della televisione a colori. I giovani non ci crederanno, ma si tifava allora a sinistra per la Tv solamente in bianco e nero. Così come si sarebbe poi tifato per il monopolio della Rai contro il prepotente e moderno arrivo della Tv commerciale sulle gambe di quel guastafeste di Berlusconi. Gli avversari del Cavaliere non si rendono conto che il berlusconismo è il salutare rifiuto del loro modello di società non solo pauperistica, come già detto, ma anche ipocritamente moralistica, forcaiola e bacchettona. Una società della quale si contendono ora la rappresentanza la vecchia sinistra e la nuova destra "futurista" di Gianfranco Fini, non a caso accomunate disinvoltamente dalla caccia a Berlusconi.  

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