E Gianfranco si fa «sbeffeggiare» dagli intellettuali
.Il titolone in prima pagina va oltre ogni equivoco: «"Caro Gianfranco..." Il partito della cultura si sveglia dal sonno». Torna alla mente il sonno dogmatico da cui Kant disse di essere stato risvegliato dalle opere di Hume o anche la rivoluzione culturale di Mao Zedong. Basta arrivare a pagina 4 per scoprire che non c'è niente di tutto ciò. Filosofi, giornalisti, scrittori, professori, architetti, cantanti dicono la loro sulla sfida di Fini a Berlusconi. E se ne guardano dal sostenerlo. Anzi. L'editore Castelvecchi scrive: «In vista dell'imminente scioglimento delle Camere e della campagna elettorale, offresi consulente per public speaking per rendere meno legnoso l'eloquio del presidente Fini, nel passaggio da presidente della Camera a presidente di Futuro e Libertà. Gratuito per le prime quattro ore». Il giornalista sportivo Italo Cucci si limita a un messaggio calcistico: «Forza Bologna!». Il collega Massimo Gramellini va oltre: «La mia sensazione, caro Fini, è che gli elettori del centrodestra assomiglino più a Berlusconi e a Bossi che a lei. La sua destra nobile si rivolge a una borghesia immaginaria e rischia di fare la fine del Pri o del Pli della Prima Repubblica, che raccoglievano molti consensi a parole, ma ben pochi voti nelle urne». La scrittrice Chiara Gamberale scherza (o no?): «Gianfranco, dicci qualcosa di sinistra!». Deciso l'architetto «veltroniano» Massimiliano Fuksas: «La prima cosa da fare è eliminare la legge Bossi-Fini». Il giornalista e autore tv Enrico Vaime è laconico: «Attento alle spalle e avanti così». Edoardo Bennato domanda in napoletano: «Mà kè munt vergine staie cumbinanno?» mentre Fiorella Mannoia chiede a Fini di «proseguire in questo percorso coraggioso verso una destra moderna e democratica». Il filosofo Marramao chiarisce, tanto per fugare dubbi: «Mi colloco a sinistra». Luca Sofri chiede di «andare al sodo. Che programmi hanno le persone di Futuro e Libertà?». Altro che sostegno e «società che spera nella svolta», come scrive Il Secolo. Piuttosto i messaggi sono un boomerang per Fli e spiegano le difficoltà a raccogliere le firme per il Manifesto per l'Italia: a quota 17 mila delle 100 mila poste come obiettivo. Ma quale partito della cultura che si sveglia. Qui la notte è ancora lunga.