Domandine per Saviano
Gentile ministro Maroni, sono sicuro che lei questa sera, nell’annunciato confronto con lo scrittore-profeta Saviano nel salottino di Fazio, se la caverà benissimo. Il semplice richiamo ai successi che il suo dicastero ha conseguito nella lotta alla criminalità organizzata dovrebbe assicurarle, contro la demagogia del suo interlocutore, un fin troppo facile successo. Temo però che la serietà dell’impegno che ella ha messo nello studio dell’argomento potrebbero averle impedito di analizzare a fondo l’opera di Saviano. La prego perciò di permettermi di suggerirle alcune domandine che a mio avviso dovrebbe fargli. 1) Come è potuto accadere che lei sia oggi considerato il massimo esperto al mondo di Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta & C°, quando “Gomorra” non ha aggiunto nessun elemento cognitivo originale a quel che già si sapeva sull’argomento? 2) Nell’ibrida natura di quel libro, una sfacciata miscela di cronaca e fiction, mi permette di vedere un raggiro letterario che, mescolando fatti reali e inventati di sana pianta, e così permettendo di spacciare per realtà anche la fantasia, può essere considerato anche una truffa morale? 3) Perché lei non cessa mai di affermare che nella lotta contro la camorra lo stato italiano brilla per la sua assenza quando per il suo libro ha utilizzato soprattutto “atti giudiziari”, che documentano appunto l’attività dello stato? 4) Per quale inesplicabile ragione lei continua a immaginare e a dire di essere un serio pericolo per la camorra quando nel suo libro, nei suoi articoli e nei suoi discorsi non si trova un solo fatto vero che non fosse già perfettamente noto grazie alle indagini di quello Stato del quale lei si ostina a denunciare l’”assenza”? 5) Perché le scappa ogni tanto di dire che la stampa le fa schifo quando sempre nel suo libro lei ha ricopiato con cura, senza mai citarli, non pochi testi altrui pubblicati dai nostri giornali, compresi gli articoli che ritagliò e archiviò quando lavorava per l’Osservatorio sulla camorra, un bollettino napoletano diretto dal suo ex-amico Amato Lamberti? 6) Perché si lamenta sempre della vita che sarebbe costretto a fare, blindato e condannato a un’atroce solitudine, quando se ne va sempre in giro per il mondo, in compagnia di una simpatica scorta, tenendo ovunque conferenze, concedendo interviste a tutto spiano e partecipando ai più popolari talk-show? 7) Perché, mentre continua a vantarsi di essere il solo italiano che abbia avuto il coraggio di sfidare la criminalità organizzata a rischio della vita, evita con cura di ricordare che i veri eroi di questa lotta sono i molti magistrati, i tanti poliziotti e i non pochi “pentiti” ammazzati dalla camorra? 8) Perché, mentre da un lato si vanta di sapere tutto sulla camorra, lasciando fra l’altro intendere di considerarla un cancro inestirpabile, non si è mai azzardato di insinuare nelle teste dei lettori il piccolo dubbio, che assilla anche lei, che forse la vera ragione dell’inestirpabilità della camorra può derivare soltanto da quell’assoluta evidenza che è la funzione economica e sociale che essa svolge al posto di uno stato vessatorio inefficiente? 9) Poiché ha affermato più volte che “i soli libri che contano sono quelli che fanno paura al potere”, mi autorizza a sospettare che da questa gagliarda sentenza si intuisca che lei sotto sotto pensa che i soli libri che contano siano proprio i suoi? 10) Posso inoltre chiederle se non le accade di temere che a furia di voler fare paura al potere potrebbe invece riuscire a farlo ridere? 11) Mi autorizza infine a riconoscere che in tutto ciò che lei dice e scrive c’è del vero e del nuovo, ma il nuovo non è vero e il vero non è nuovo?