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Nessuno firma il manifesto di Fini

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Gianfranco Fini e Fabio Fazio

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Scatta l'allarme firme. Il Manifesto per l'Italia lanciato da Fini a Bastia Umbra il 6 novembre non fa impazzire gli italiani. Tanto che a Futuro e Libertà si sta cercando di correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Sono state allertate le strutture locali e sono pronti anche i gazebo per raccogliere le adesioni cartacee. Finora, infatti, è possibile sottoscrivere il documento solo su internet. Qual è la situazione? La settimana scorsa le firme al Manifesto erano appena ottomila. E, soprattutto, dopo il boom iniziale, il trend aveva subito uno stop. È stato Luigi Crespi, il sondaggista di Fli, a consigliare un'iniziativa da parte di Fini in persona. Così è nato il videomessaggio che ha portato in un solo giorno le adesioni oltre quota diecimila. Ieri alle 17.29 erano 10.156. Poi all'improvviso alle 17.54 erano 16.371 e a quella cifra si sono fermate sino a sera come se nessuno avesse sottoscritto più l'appello. Tuttavia i numeri continuano ad essere bassi. Una media di 1169 adesioni al giorno, poca roba visto che i giorni a disposizione sono appena 57. Infatti, Fini aveva lanciato come obiettivo le centomila firme per il 15 gennaio. Quel giorno inizierà a Milano il congresso di Fli. Per i finiani sarà però dura arrivare a quel risultato. Se mantenessero la media avuta finora, si fermerebbero prima di quota settantamila. C'è anche da considerare il fatto che tra poco più di un mese iniziano le vacanze di Natale e gli internauti, in quel periodo, calano drasticamente. Insomma, Fini sembra non scaldare più come prima. È per questo che si preparano a scendere in campo le truppe, le persone fisiche dopo quelle virtuali di internet. I siti di Generazione Italia (i falchi) e di Area nazionale (le colombe) pubblicano lo stesso annuncio: «Il week end del 20 e 21 novembre nelle principali piazze delle nostre città saranno allestiti gazebo dove sarà possibile conoscere e firmare il Manifesto per l'Italia. Il sito di Futuro e Libertà per l'Italia racconterà queste giornate di partecipazione, incontro e mobilitazione e darà un volto ed una voce a chi firmerà il manifesto». Partono dunque i gazebo. Si invitano anche i militanti a fare riprese e a mandarle al sito in modo da fare una grande festa virtuale. Area nazionale si spinge anche oltre e rispolvera Giorgio Gaber.   In un articolo intitolato «Centomila motivi per firmare il Manifesto», si ricorda: «“La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”, così cantava Giorgio Gaber nel lontano 1972. Eppure, per anni si è praticata una politica autoreferenziale e chiusa entro i propri steccati ideologici. Se la sinistra - è ancora scritto sul sito di Menia e Moffa - ha cercato di mettere in atto una rivoluzione copernicana della leadership, puntando a “democratiche” primarie e a fallimentari e succedanee forme di partecipazione, la destra berlusconiana ha inteso la politica solo come leadership, riportando in auge la categoria tanto cara a Gramsci e a Weber del capo carismatico legittimato esclusivamente da un plebiscitario consenso popolare. Oggi Futuro e libertà per l'Italia propone un ripensamento della politica, una nuova road map da seguire per ridare ai cittadini la speranza di un futuro migliore, la speranza di una politica diversa da quella attuale, la speranza di una concreta partecipazione alla Res Publica».   Fli sembra arenata. Era il 3 novembre quando aderivano, provenienti dal Pdl, i deputati Daniele Toto e Roberto Rosso. Quest'ultimo annunciava: «Altri quattro politici di spicco». Non è arrivato nessuno. Il senatore Piergiorgio Massidda si è fermato a metà del guado ed è tornato indietro, nel Pdl. Il deputato Giuseppe Angeli ha mollato i finiani ed è tornato con i berlusconiani. E ieri anche l'assessore milanese Giampaolo Landi di Chiavenna, tra i primi a mollare il Pdl per Fini, è tornato indietro: «Avevo aderito a Fli per contribuire in una logica di rifondazione e miglioramento del centrodestra e per contribuire a quella moralizzazione necessaria entro quell'area di consenso. Questa vocazione è stata tradita». E se la prende con il verticismo del partito e con le scelte terzopoliste. Non sono bastati i richiami di Gianfranco ai falchi, che pure negli ultimi giorni sembrano essere diventati agnellini. La politica ormai vive di improvvise accelerazioni e imprevedibili sbalzi di emozioni. Sembra passato un anno e non appena tredici giorni, quando Luca Barbareschi si commuoveva nel leggere sul palco di Bastia persino la parte meno appassionante del Manifesto, quella che recita: «(Noi vogliamo) un'Italia che rimetta in moto lo sviluppo economico puntando sulle imprese». I futuristi sembravano un sol uomo che combatteva contro tutti. Oggi le divisioni stanno dilaniando il nascituro partito e su internet divampa la polemica tra quelli che contestano la linea dura, quelli che criticano la linea morbida e chi desta l'ondivago Gianfranco. Per Fini è diventato più difficile tenere tutto assieme.  

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