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La retro-retromarcia di Gianfry

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Ungiorno rompe, un giorno ricuce. Gianfranco Fini continua a recitare sia la parte del poliziotto buono che di quello cattivo. Non può fare diversamente. Il presidente della Camera vive stretto tra i falchi e le colombe di Futuro e libertà. Costretto a mediare continuamente tra le due fazioni in eterna lotta. E se giovedì aveva affidato al sito di Fli un videomessaggio dai toni stranamente moderati, ieri è leggermente ritornato sui suoi passi. Dopotutto in molti avevano interpretato il suo richiamo alla «responsabilità» di chi governa, con il conseguente invito a «onorare l'impegno», come una clamorosa retromarcia. Ma come, proprio lui che da settimane chiede a Silvio Berlusconi di dimettersi, ora fa appello al senso di responsabilità del premier? I maligni avevano subito messo in relazione l'uscita di Fini con il tentativo di allontanare l'appuntamento con le urne e di fermare, contestualmente, il controesodo che negli ultimi giorni ha portato diversi esponenti di Fli a ritornare nel Pdl (ultimo, ieri, l'assessore alla Sanità del comune di Milano Giampaolo Landi di Chiavenna). Mentre sul web si scatenava una vera e propria rivolta contro un appello considerato «controproducente». E così ieri il presidente della Camera è stato costretto a correggere il tiro. Da parte sua, ha spiegato, nessuna marcia indietro, al massimo un «pit stop». Una sorta di pausa di riflessione in attesa dello scontro finale. Perché, ha aggiunto Fini durante un tour in Piemonte, «non temo le elezioni, ma non servono al Paese». Resta il richiamo al senso di responsabilità del premier («o c'è uno scatto, un cambio di passo, o il problema non sarà più se avrà la fiducia da parte del Parlamento») che rischia di perdere la fiducia dei cittadini («fra un po' sarà la pubblica opinione a staccare la spina nei confronti delle istituzioni, di questo o di quel governo»). Ma riprendono i piccoli attacchi alla maggioranza. Nel mirino di Fini soprattutto la Lega: «Non capisco come qualcuno si possa indignare se c'è chi dice che alla mafia è anche al Nord. Non è una polemica contro un partito o contro un territorio nazionale. La mafia è ovunque c'è un interesse. Dalle inchieste emergono tentativi di infiltrazioni mafiose nel mondo delle banche, della politica, delle istituzioni. Io mi meraviglio di chi si meraviglia». Parole che, ovviamente, non fanno piacere a Umberto Bossi che replica con un «Vaffanculo». Ma il presidente della Camera parla anche degli attacchi ricevuti dopo il voto sulla mozione sui rapporti Italia-Libia che aveva visto Fli schierarsi con le opposizioni facendo andare sotto il governo: «Siamo nel dominio della malafede». Insomma, per un giorno Gianfranco torna «falchetto». Nel frattempo, però, i suoi continuano a viaggiare in ordine sparso. Adolfo Urso chiede un «governo allargato a tutte le forze di centrodestra per fare le riforme strutturali al Paese», Nino Lo Presti assicura che il 14 Fli voterà la «sfiducia al governo», mentre Roberto Menia ammette: «Io non ho nessuna voglia di andare a votare la sfiducia ma, se mi costringono a farlo, lo faccio». Con chi sta Fini? Nic. Imb.

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