I martiri della tv non danno repliche
Il martire della tv non concede repliche. All'indomani di «Vieni via con me» è bufera tra Saviano e Maroni. Il ministro dell'Interno definisce «infamanti» le parole dell'autore di «Gomorra» che ha parlato di rapporti tra la 'ndrangheta e la Lega. Dopo una giornata di polemiche, è il direttore di Raitre, Paolo Ruffini, ad aprire: «Se Maroni vuole "Vieni via con me" ospiterà un suo video o scritto». La trasmissione fa il boom di ascolti (9 milioni, il 30% di share) ma anche di veleni. La bufera scoppia subito con il ministro dell'Interno che rincara la dose: «Se la Rai mi impedirà di replicare, giro la questione al capo dello Stato» ha detto il titolare del Viminale dopo aver chiesto alla Rai di poter dire la sua e aver ottenuto dal capo struttura, responsabile del programma, Mazzetti, una sonora chiusura: «Se il ministro Maroni ha qualcosa da dire e si è sentito offeso, essendo un ministro, ha la possibilità di parlare in tutti i programmi e in tutti i telegiornali, quindi si organizzi in qualche maniera. Noi stiamo facendo un programma culturale e quindi non credo che ci sarà la possibilità di replicare. Se noi abbiamo detto cose non vere, cose smentibili, se lo abbiamo ingiuriato o offeso, che si rivolga direttamente alla magistratura». Ma il ministro dell'Interno ha anche scritto una lettera ai vertici della Rai e ai presidenti di Camera e Senato e alla commissione di Vigilanza che nel frattempo ha deciso che ascolterà domani il cda e il presidente Garimberti. Per Maroni le affermazioni di Saviano sono «totalmente prive di fondamento, gravemente offensive e diffamatorie» nei confronti della Lega. Ma l'autore di «Gomorra» rilancia: «Racconto i fatti, sono stupito e allarmato». Maroni insiste: «Chiederò al presidente della Repubblica se una accusa così infamante sia compatibile con una funzione come quella di ministro dell'Interno che sto sostenendo». Saviano rileva: «Non capisco di quali infamie parli. Temo che abbia visto un'altra trasmissione». Ovviamente le accuse di Maroni al programma di Fazio e Saviano hanno scatenato lo scontro tra i partiti mentre un parlamentare del Carroccio fa sapere che è già pronto il ricorso all'Agcom. Per il ministro della Difesa Ignazio La Russa «la campagna elettorale è iniziata e Raitre è schierata». «Nessuno tocchi Saviano», tuona Leoluca Orlando dell'Idv che aggiunge «dal ministro arriva un'intollerabile intimidazione ad uno scrittore che vive sotto scorta per la sua denuncia di tutte le mafie». Il capogruppo Pd alla Camera Franceschini lo difende così: «Da oggi Saviano è un simbolo non solo della lotta alla camorra ma anche della libertà di informazione. Noi non lo lasceremo mai solo». Mentre per Veltroni «Saviano ha raccontato a milioni di persone come la grande criminalità abbia messo radici a Nord, come lì cerchi complicità e legami con la politica. Le sue parole sono confermate dalle indagini che hanno portato a decine di arresti in Lombardia, come io stesso ho più volte denunciato in questi mesi». Per il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, «Saviano ha confuso la sua Italia da romanzo con quella che ogni giorno segna veri trionfi contro la criminalità organizzata». Il sindaco di Roma Alemanno dribbla le polemiche e commenta i contenuti: «Sono rimasto agghiacciato dalla similitudine e dalla banalità dei messaggi di Fini e Bersani». Unica voce fuori dal coro, quella del vicesegretario del Pd Enrico Letta: «Avrei dato il diritto di replica a Maroni». Intanto, si riunirà oggi il cda della Rai. Doveva essere una riunione di routine (all'ordine del giorno la discussione sui canali digitali e l'audizione di Gianni Minoli sulle iniziative del servizio pubblico per i 150 anni dell'Italia). Ma non sarà più così.