Sciogliere la Camera?
L'articolo88 della Costituzione è chiaro: «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Insomma, l'idea lanciata ieri da Silvio Berlusconi di sciogliere l'assemblea di Montecitorio qualora solo questa dovesse sfiduciarlo, è qualcosa di più di una boutade. Anche se è piuttosto difficile sostenere che si tratti di un'ipotesi realizzabile. Anzitutto perché nella storia della Repubblica esiste un solo precedente, risalente agli anni '50. E poi perché il potere discrezionale è tutto nelle mani del Capo dello Stato che, prima di decidere, deve sentire i presidenti dei due rami del Parlamento. E la domanda nasce spontanea: ve lo vedete Gianfranco Fini che dà il suo placet? In ogni caso anche i costituzionalisti sono piuttosto concordi nel ritenere quella del Cavaliere come un'ipotesi remota. «Esistono dei precedenti - spiega il presidente emerito della Corte costituzionale Antonio Baldassarre - ma i motivi erano squisitamente tecnici. Il Senato, la cui legislatura durava sei anni, veniva sciolto con un anno di anticipo per farlo coincidere con il rinnovo quinquennale della Camera. Possiamo dire che, in astratto, la possibilità c'è, ma tutto dipende dal consenso delle forze politiche. Se ci fosse una certa maggioranza favorevole a questa ipotesi il presidente della Repubblica, cui spetta la decisione, potrebbe sciogliere un solo ramo. Ma se la maggioranza dei gruppi è contraria il Capo dello Stato non lo farà mai. Diventerebbe un atto conflittuale. Lo vedo molto difficile». Sulla stessa lunghezza d'onda Giovanni Pitruzzella, professore ordinario di diritto costituzionale per la facoltà di Giurisprudenza dell'università di Palermo. «Sul piano tecnico - commenta - la Carta consente lo scioglimento di una sola Camera, ma la discrezionalità è del Capo dello Stato. C'è un precedente risalente agli anni '50, ma lì c'era un problema di diversità della legge elettorale. Tutti gli altri scioglimenti sono stati bicamerali». «L'ipotesi è teoricamente possibile - prosegue - anche se, personalmente, non la ritengo molto probabile. Certo, la politica lavorerà attorno a questa idea, ma io credo che il Capo dello Stato, una volta verificato che non esiste una maggioranza che sostiene il governo, scioglierà entrambe le Camere. E poi siamo sicuri che, qualora si votasse solo per Montecitorio, questo produrrebbe una maggioranza omogenea?» E anche Paolo Armaroli, docente di Diritto pubblico comparato presso la facoltà di Scienze politiche dell'università di Genova, parla di «un'ipotesi di scuola». «Sono stato io il primo - racconta - a ipotizzare questo scenario. Ma si trattava di un "marchingegno" funzionale all'impossibilità di sfiduciare un presidente della Camera che "recitava" due parti in commedia. Oggi la situazione è diversa. Conoscendo da tempo Ignazio La Russa, colui che ha lanciato l'idea, credo si tratti di un modo per "calmare" i senatori più dubbiosi e convincerli a votare la mozione di sostegno presentata da Maurizio Gasparri. Un espediente. Anche perché un classico caso di scioglimento bicamerale è proprio quello in cui esistono maggioranze diverse alla Camera e al Senato». Insomma, l'impressione è che, dovesse verificarsi un'ipotesi di questo tipo, l'unico sbocco possibile sarebbe quello delle elezioni.