Futuro e Libertà per l'Italo
«Lo sa che cosa vuol dire la sigla Fli? Non Futuro e Libertà per l'Italia ma per Italo. Anzi, solo per Italo». Un finiano se la lascia scappare così, in piena piazza Montecitorio. Una battuta affetuosa e velenosa che indica il clima che c'è dentro il nascituto partito. La convention di Perugia consegna un partito sempre più a immagine e somiglianza del capogruppo alla Camera. Fini uber alles, Italo un gradino sotto. Naturalmente non si tratta solo di linea politica ma anche di organizzazione interna. E quando saranno consegnante le dimissioni dei quattro esponenti di governo, questa tendenza sarà ancora più accentuata. Tre di essi (Ronchi. Menia e Urso; Bonfiglio è con Bocchino), infatti, possono essere considerati colombe in senso largo, e comunque che non appartengono al gruppo di Generazione Italia guidato da Bocchino. Andrea Ronchi lascia una poltrona da ministro ma nel partito i ruoli di vertice sono tutti occupati. Roberto Menia s'è ritagliato un suo spazio con Area Nazionale, spazio che tuttavia va restingendosi perché i toni così eccitati rischiano di mettere da parte un pezzo della sua componente e non ne favorisce nuove adesioni. Adolfo Urso invece è il coordinatore della nuova formazione ma dalla settimana prossima si troverà con in mano solo la fondazione Farefuturo in affanno con fondi e finanziamenti. L'ultimo documento prodotto è di quasi sei mesi fa. Chiunque di questi volesse lanciare la sua campagna congressuale interna in vista dell'assise milanese di gennaio, sarebbe in difficoltà contro la corazzata del gruppo parlamentare alla Camera che ha ben 37 membri (al Senato appena dieci). Perugia ha segnato uno spartiacque. È stata la prima volta che i vertici di Fli si sono confrontati con la loro base: e si è visto quanto la platea si sia eccitata trascinando tutti verso toni sempre più duri. Ma era la loro base? In realtà quella di Bastia Umbra, per la precisione, doveva essere la convention di Generazione Italia. Un pubblico auto-organizzato, pochi pullman, tante auto e addirittura persone venute in moto. Un popolo di Internet, multiforme. «A Milano sarà diverso», assicurano le colombe. Difficile che sarà così. Ormai i rapporti di forza interna si vanno cristallizzando. Ed è saltato anche l'equilibrio iniziale fissato da Fini. La possibile nomina di Bocchino come capogruppo alla Camera, quest'estate, aveva fatto inalberare l'area moderata. Fini ha gestito sempre An con il più rigoroso divide et impera. E anche stavolta aveva impostato tutto in quel modo. Bocchino a Montecitorio bilanciato da Pasquale Viespoli (i due si detestano amabilmente per vecchie ruggini campane) al Senato, Silvano Moffa avrebbe dovuto svolgere un ruolo di coordinamento tra i due gruppi che non ha mai funzionato: i due continuano a parlare due lingue diverse. La struttura cinquanta-cinquanta è già saltata. Nel frattempo Carmelo Briguglio, un fedelissimo di Italo, è capo della segreteria politica. E Gianmario Mariniello è già salito sulla tolda di Generazione Giovani. Persino il simbolo viene partorito di fatto alla Camera. In un primo momento Fini aveva chiesto l'ideatore del logo di An, Massimo Arlechino, di mettere a punto un nuovo simbolo. E Arlechino si era ispirato a Balla e Boccioni. Ma l'«opera» è stata rimessa in un cassetto a vantaggio di un logo più semplice fatto preparare da un grafico di Luigi Crespi, il sondaggista di Italo. D'altro canto il discepolo di Tatarella è sicuramente il più svelto di tutti. Dal punto di vista organizzativo è una macchina da guerra. Per anni è stato il motore di Destra protagonista, la corrente di maggioranza di An, e si è fatto le ossa agli Enti locali di via della Scrofa: conosce quel mondo a menadito, ha la mappa sul territorio. Televisivamente funziona, è il più efficace. Da Pinuccio ha ereditato alcune cose. Una che molto sottovalutano è il fatto di parlare con mille voci anche restando zitto. Ha diviso i ruoli nella sua scuderia. Fabio Granata fa cavallo pazzo con le sue provocazioni sopra le righe, la Perina quelle culturali, Della Vedova il riflessivo, Di Biagio il duro e puro, Briguglio media. Pinuccio era amato e soprattutto temuto. Italo è soprattutto odiato da buona parte dei suoi compagni di partito che non sopportano la sua esuberanza, l'intraprendenza e la spregiudicatezza. Più passa il tempo, più se ne dovranno fare una ragione.