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Nel Pd già litigano per le elezioni del 2013

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Mancanoanni o comunque una crisi di governo, le consultazioni del capo dello Stato, il passaggio di Alemanno alla scena nazionale e le primarie. Ma il Pd già si spacca sul candidato alle prossime elezioni romane. Ci saranno nel 2013 ma, a quanto pare, il partito più «dialogante» che esista ne ha fatto un tema di discussione (e divisione). Peccato che ancora non siano stati organizzati adeguati cineforum. Forse sono in programma per il 2011. La storia è semplice. Per riconquistare la città eterna gli ex Ds propongono di puntare sull'attuale presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, mentre i popolari «pretendono» di schierare un cattolico. Da qui nasce la polemica che, a dirla tutta, resta sotterranea. Perché se i popolari sono usciti allo scoperto, con tanto di nota del senatore D'Ubaldo, i compagni glissano, criticano ma in sordina: «Non si può dare questa rilevanza ai popolari. Ma perché hanno voti?», ironizzano dalle parti degli ex Ds. «Lo fanno solo per visibilità» precisano. Eppure il partito ne parla eccome e si spacca. Tutto è nato da un ragionamento piuttosto fantapolitico. Se il governo Berlusconi dovesse cadere e si andasse al voto, allora il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, potrebbe seguire il leader del Pdl come vicepremier. A quel punto, oltre che per le Politiche si voterebbe anche per le Comunali. Se tutto ciò avvenisse, in pole position per conquistare il Campidoglio ci sarebbe Nicola Zingaretti (così, tra l'altro, si voterebbe anche a Palazzo Valentini). Una serie di se e di ma per cui sarebbe inutile discuterne adesso, col Pdl indebolito dalla guerra tra Fini e Berlusconi. Ma tant'è. Poco male se questo momento per l'opposizione dovrebbe servire a guadagnare consensi, cercando di riavvicinarsi a quel 34 per cento ottenuto nelle consultazioni di due anni fa dal vituperato Walter Veltroni. Ma, si sa, nel centrosinistra c'è una vocazione all'autolesionismo incomparabile. Un'attenzione a rovinarsi con le proprie mani che ha eguali soltanto nei partiti zero virgola pseudocomunisti. Quindi anche un dibattito inutile o perlomeno prematuro come quello sul candidato sindaco del 2013 è diventato il movente di un confronto amaro che, come al solito, finisce per spaccare il partito. «Ho stima per Zingaretti, ma se parliamo di candidatura a sindaco di Roma non vedo come si possa ignorare l'approdo ad una personalità di orientamento cattolico-democratico» ha detto il senatore del Pd, Lucio D'Ubaldo, capo dell'area popolare nel Lazio. «Il centrosinistra - ha aggiunto D'Ubaldo - ha solo questa carta da giocare, sempre che voglia vincere, naturalmente. I tempi non sono lunghi e un accordo va trovato in fretta - ha concluso il senatore - principalmente nell'interesse del Pd». Dunque lo scenario è chiaro. Con Zingaretti si perderà, sostengono i popolari. Serve un altro candidato. E dove lo prende il Pd un altro candidato? Anche perché se già Bersani rischia di saltare un ipotetico (ma più realizzabile) scontro di primavera con Berlusconi (e Montezemolo sponsorizzato da Fini?) a Roma la situazione post-Veltroni è ancora più complessa. Certo sulla carta Zingaretti sta diventando come le cucine Scavolini (le «più amate dagli italiani»), tant'è che all'interno del Pd c'è chi lo vorrebbe, addirittura, candidato premier al posto del segretario ormai piuttosto logorato. Capirai, e chi glielo dice ai superdirigenti Democratici? In ogni caso anche a Roma non bisogna fare i conti senza l'oste. E qui in cucina ci sono Fioroni e company. Mica uno scherzo. E poi fossero soltanto loro. Nel Pd c'è chi vuole «rottamare» i vecchi, chi vuole recuperare lo spirito del Lingotto, chi, invece, tornare ai tempi dei Ds. E sarebbe un partito unico? Dicono che è la «dialettica», che è sempre meglio della monarchia che c'è nel centrodestra e che Fini sta distruggendo. Dicono. Ma la musica è sempre la stessa. Anzi. Ora nel Pd il disaccordo è diventato preventivo. Si manifesta tre anni prima. A questo punto chissà come la pensano popolari, veltroniani e bersaniani sulle elezioni alla Regione Lazio del 2015 o su vincenti e perdenti nelle olimpiadi del 2020. Forse nei prossimi giorni organizzeranno nuovi dibattiti. E poi si sorprendono perché la destra è in crisi ma loro continuano a perdere voti.

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