Lo "smemorato" di Perugia dimentica 16 anni con il Cav

C’è stato un tempo in cui Gianfranco Fini parlava così: «Quando cadde il governo Berlusconi (1994 ndr) bisognava tornare alle urne, invece nacque un governo tecnico, per cui è corretto dire che ci fu un sovvertimento della volontà popolare che si era espressa in modo inequivocabile dando la maggioranza dei consensi alla coalizione che allora comprendeva anche la Lega». Sono trascorsi 12 anni da quel maggio 1998. Per l'allora leader di An era facile puntare il dito contro il Carroccio che aveva abbandonato la maggioranza contribuendo alla caduta dell'esecutivo. E oggi? È come se tutto questo non fosse mai accaduto. Il Fini salito domenica sul palco della convention nazionale di Futuro e libertà somiglia tanto al famosissimo «smemorato di Collegno». In un colpo solo ha cancellato 16 anni trascorsi orgogliosamente al fianco del Cavaliere. Alti e bassi certo, ma sempre lì, fedele, a votare anche le cosiddette leggi ad personam senza storcere troppo la bocca. Un esempio su tutti? La legge 366 del 2001 che, secondo la sinistra, depenalizzò il «falso in bilancio». Fini votò a favore. È vero che, come recita il famoso aforisma, «solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione». Ma quando parla di immigrazione il presidente della Camera dovrebbe anche ricordare che una delle leggi più criticate sul tema (l'allora capogruppo dei Ds Luciano Violante disse chiaramente che era «contraria al nostro spirito democratico, al senso di accoglienza»), approvata durante i governi di centrodestra, porta il suo nome. O ancora dovrebbe ricordare che quella legge sulle intercettazioni che oggi tanto odia, era la stessa che invocava nel 2006 quando sulle pagine dei quotidiani finirono le telefonate della sua ex moglie Daniela Di Sotto. «Non penso che essere mia moglie - diceva - significhi meritare gogne mediatiche». E giù contro l'abuso «disdicevole e immorale» delle intercettazioni telefoniche «sbattute in prima pagina sui giornali». Inutile ricordargli che anche lui contribuì all'approvazione della legge elettorale che oggi attacca senza mezzi termini, così come si spese a favore del condono fiscale perché, spiegava, «c'è una differenza morale tra il condonare una multa e sanare un abuso edilizio» (dicembre 2002). E si potrebbe continuare ricordando che ci fu anche un tempo in cui, parlando dei magistrati della procura di Milano, il presidente della Camera non aveva dubbi: «Chi come noi crede e vuole continuare a credere nell'autonomia e nell'imparzialità della magistratura, non può che esprimere tutta la sua preoccupazione nel momento in cui si verifica che provvedimenti giudiziari con Berlusconi sembrano rispondere ad una precisa finalità politica. Anche per i tempi in cui quei provvedimenti vengono presi». Ma guarda un po'. Nel 1997 le decisioni della procura di Milano lasciavano intendere «finalità politiche» e oggi? Forse, al leader di Fli, bisognerebbe chiedere conto anche della svolta sulle coppie omosessuali. Nel 2000, non un secolo fa, commentando la decisione dell'europarlamento di equiparare le unioni gay alla famiglia, Fini tuonava: «Riteniamo che l'invito rivolto ai governi nazionali sia lesivo del diritto naturale e della Costituzione della Repubblica italiana». Dal 2000 la Carta non è cambiata, almeno nella parte che riguarda i diritti, il presidente della Camera sì. O magari ha perso la memoria.