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Stefy-Giulio, storia di rabbia e gelosia

Il ministro Stefania Prestigiacomo

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E alla fine scoppiò Stefania Prestigiacomo. E fa quello che sotto sotto vorrebbe fare almeno la metà dei suoi colleghi: attaccare frontalmente il ministro dell'Economia. Il battibecco va avanti per tutto il pomeriggio a distanza. Berlusconi è costretto a mediare non poco, e si vede. All'inizio della conferenza stampa sul piano nazionale di riforma il premier arriva trafelato, visibilmente in affanno. La lite però era già scoppiata da almeno due ore, a metà mattinata in pieno Consiglio dei ministri. Al centro del confronto le lamentele della Prestigiacomo per i tagli al suo dicastero. La titolare dell'Ambiente se la prende in particolare per il mancato trasferimento delle risorse già approvate dal Cipe (circa un miliardo di euro), per la difesa del suolo. Tremonti replica secco: te lo spiego dopo, fuori. La Prestigiacomo scoppia: «Non siamo scolaretti». Il ministro dell'Economia prova a dare delle spiegazioni ma la collega dell'Ambiente non ci sta e alza la voce: «Non dire cretinate». A quel punto è Tremonti a fermare tutto e a chiedere delle scuse minacciando dimissioni. Arrivano le scuse quando ormai le voci dello scontro si sono diffuse. E così, Giulio si lascia scappare in conferenza stampa una frase col sorriso sulle labbra: «Oggi mi sono arrivate le scuse anche da Prestigiacomo. Mi sono commosso». Appena la Prestigiacomo viene a conoscenza delle parole del ministro replica con ironia: «Ah sì? Ha commentato fuori dal Consiglio? Ha detto proprio che oggi ha incassato le scuse della Prestigiacomo ed è commosso? Bene, allora commento anche io: pensavo che fossero bolle di rabbia...». E poi rilancia: «Finalmente è stato aperto il capitolo per le risorse sulla difesa del suolo. Non potevamo operare senza risorse. Ora possiamo onorare l'impegno per il piano che avevamo annunciato». Tremonti non la prende bene e nel pomeriggio il dicastero di via XX settembre dirama una nota: «Non c'è stata in Consiglio dei ministri nessuna discussione sull'utilizzo dei fondi del Cipe. Nessun ritardo, nessun blocco da parte del Cipe che tra l'altro dipende da Palazzo Chigi». Per Tremonti «inoltre che la delibera Cipe risale al 6 dicembre 2009, se c'è stato un ritardo, una omissione, è stato da parte del ministero dell'Ambiente. A riprova - conclude - ad oggi non risulta ancora pervenuta nessuna richiesta di utilizzo dei fondi alla sede competente». Controreplica della Presti: «Le ricostruzioni del Tesoro sono assurde e fantasiose. C'è la fila di ministri davanti alla porta di Tremonti e tutti chiedono di poter spendere i fondi stanziati, ma bloccati con mille tecnicismi. Personalmente non vivo questo problema come una sfida personale, forse per altri invece è così».

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