D'Alema resta sul lettone di Silvio
Massimo D'Alema non esce dal lettone di Silvio. Il presidente del Copasir insiste nel chiedere che il premier si presenti davanti all'organismo di controllo dei servizi segreti. Sottoponendosi, di fatto, al fuoco di fila di domande sul suo sistema di sicurezza e sulla vicenda di Ruby. Il Cavaliere e il Pdl insistono nel dire che questa convocazione è irrituale. Fanno notare che non la prevede il regolamento e ipotizzano la possibilità di sfiduciare Baffino. E soprattutto, nell'entourage di Berlusconi, si sottolinea che la scorta del premier non ha nulla a che fare con la vicenda sollevata da alcuni quotidiani sulle feste organizzate nelle sue ville (i carabinieri sarebbero stati costretti a "scortare" le escort). Ma il lìder Maximo insiste: «Io non parlo del privato di Berlusconi, parlo dell'impiego del denaro dei cittadini, perché la sicurezza del capo del governo è assicurata a spese dei contribuenti e quindi i cittadini attraverso il Parlamento hanno il diritto di sapere come vengono impiegati i loro soldi». «Io mi occupo - aggiunge - del fatto che c'è un presidente del Consiglio che non vuole presentarsi di fronte al Parlamento, come gli imporrebbe la legge. Perché forse è imbarazzato, è lui che è in una posizione invalidata, non siamo noi. Noi vogliamo applicare la legge, è lui che non è neppure nelle condizioni di rispettarla». Insomma, il «pm D'Alema» non molla la presa. E Umberto Bossi commenta con una battuta: «Si vede che ha voglia di farsi notare. Se ci sarà un seguito dipende da quanto il presidente del Copasir vuole apparire». Ma al fianco del lìder Maximo, in quello che è ormai un asse indistruttibile all'interno dell'organismo, si schiera convinto il finiano Carmelo Briguglio: «Ritengo corretta e ineccepibile la condotta del presidente D'Alema che sta operando con equilibrio e senso istituzionale. È bene chiarire che è dovere del presidente del Consiglio assicurare la propria presenza ad audizioni periodiche». E se la «morsa» del Copasir si stringe attorno al collo del premier, si allenta quella della procura di Milano. Ancora una volta è il procuratore Edmondo Bruti Liberati ad andare in soccorso di Berlusconi spiegando che il premier non è iscritto nel registro degli indagati per la vicenda Ruby. Parole che pur non garantendo la tranquillità assoluta, servono a ridimensionare l'intero caso. Caso che, invece, esplode attorno alla conferenza stampa convocata da Nadia Macrì, la ragazza che si autodefinisce ex escort e che avrebbe raccontato di aver fatto sesso a pagamento con Silvio Berlusconi. Poche ore prima dell'inizio l'appuntamento con i giornalisti è stato annullato. I legali della ragazza hanno spiegato che l'autorità giudiziaria «ha imposto il divieto di divulgare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine». Immediata la replica di Liberati: «I veti preventivi alle conferenze stampa sono a noi sconosciuti. Per noi esistono solo gli interrogatori e in caso la secretazione dei verbali». Parole che costringono gli avvocati della Macrì ad una precisazione: «Non vi è stato alcun divieto di svolgere conferenze stampe. Il divieto discende dalla secretazione degli atti di indagini».