E le colombe alzano la voce contro i falchi
Fini fa l'attendista. Prende tempo. Ascolta e medita. Non si sbilancia e nemmeno davanti ai suoi fedelissimi, convocati ieri nella sede romana di FareFuturo, detta la linea. «Ho le idee chiare - avrebbe detto aprendo la riunione - ma prima di dire la mia voglio sentire la "base". Farò comunque una sintesi delle vostre valutazioni». E così, dopo aver parlato per circa un'ora del «Manifesto per l'Italia», il documento cardine della programmazione politica di Futuro e Libertà, il presidente della Camera si è limitato ad ascoltare gli interventi di tutti, senza rivelare la linea che terrà alla convention di Perugia. Ed è proprio nel momento in cui lo scettro della riunione è passato nelle mani dei «futuristi» invitati al vertice che si è consumata l'ennesima spaccatura nel movimento: da una parte i «moderati» Roberto Menia, Silvano Moffa, Pasquale Viespoli, dall'altra i più intransigenti Carmelo Briguglio, Italo Bocchino, Fabio Granata e Flavia Perina. Due mondi contrapposti che sottolineano, per l'ennesima volta, come la convivenza all'interno dello stesso movimento rischi di diventare insostenibile. Una preoccupazione che si percepisce dai loro volti che, uscendo dall'ufficio di presidenza di Fli, erano tesi così come quando stavano entrando. Fabio Granata è stato uno dei primi ad abbandonare il vertice. Lui è tra quelli convinti che sia ormai arrivato il momento di ritirare la delegazione di governo. Posizione sostenuta anche dal neoeletto capo segreteria politica del movimento Carmelo Briguglio, il quale, oltre a chiedere di ritirare di ministri e sottosegretari, ha voluto rilanciare su alcuni punti programmatici. C'è poi il capogruppo alla Camera Italo Bocchino che invece si è fatto portatore di una linea leggermente più moderata sostenendo le ragioni dell'appoggio esterno ma non quelle dalla crisi immediata. Su una linea dura si è attestata invece Flavia Perina, direttore del Secolo che, concorde con Granata, Briguglio e Bocchino ha sonoramente bocciato l'idea di qualsiasi patto di legislatura con il premier. Una posizione sostenuta anche dal vicecapogruppo alla Camera, Benedetto Della Vedova, e dal viceministro, Adolfo Urso, concordi nel rispedire al mittente l'offerta del premier ma con alcuni distinguo: Urso ha voluto infatti aggiungere un maggiore impegno da parte di tutti per mettere in atto il «sorpasso» sul Pdl, mentre Della Vedova, che per l'occasione si è dimostrato più moderato del solito, non ha voluto spingere né per una frattura immediata né per un appoggio esterno al governo. Tutte posizioni che hanno costretto le cosiddette «colombe» a tirare fuori gli artigli. E così ecco che né il sottosegretario Menia, né il capogruppo al Senato Viespoli, né il coordinatore dei gruppi parlamentari Moffa vogliono lasciar cadere nel vuoto l'apertura del premier («Sono pronto a un nuovo patto di legislatura», ndr) ponendogli, al tempo stesso, dei paletti temporali e programmatici su riforme e temi economici per rilanciare il centrodestra. Menia si scaglia contro l'appoggio esterno, considerandolo strategicamente poco valido, Viespoli sottolinea gli elementi di novità del discorso di Berlusconi proponendo la strada del rilancio con una sorta di road map programmatica e, infine, Moffa sottolinea la necessità del patto di legislatura concordando con quanto detto giovedì dal ministro Andrea Ronchi: «Alle parole dovranno necessariamente seguire le azioni concrete». Eppure di «patti di legislatura» Fini sembra non volersene far carico e il suo commento al discorso di Berlusconi in Direzione Nazionale del Pdl, bocciato come «deludente, tardivo e senza prospettiva», sembra non lasciare margine di trattativa alle colombe che ormai vedono la tregua lontana dalla logica delle cose. Ora, quindi, la parola passa proprio al presidente della Camera che dopo aver ascoltato i suoi fedelissimi, si è chiuso nel silenzio, facendo intendere solamente che la strategia la rivelerà domani, a Perugia, quando farà le sue «inequivocabili considerazioni». Per ora quindi, l'unica cosa certa, come spiega una colomba è che Fini «ha il diritto di esercitare la sua leadership, e qualunque sia la decisione noi lo sosterremo». «A Perugia non ci sarà una partita dove vincono i falchi o le colombe, vinciamo tutti se restiamo uniti». E sarà proprio il «restare uniti» il primo vero problema per Fini.