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Berlusconi: il governo tecnico è golpe

Silvio Berlusconi

Se lascio adesso, danni per l'Italia

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Una sorta di golpe, «un rovesciamento della democrazia». L'ipotesi di un governo tecnico per non interrompere la legislatura sarebbe una sorta di tradimento del voto popolare, un vero e proprio attacco alla democrazia. Non usa tanti giri di parole Berlusconi per bocciare lo schema che da giorni circola nel Palazzo della politica messo su ad arte da chi vuole introdurre altri elementi di destabilizzazione e indebolire il premier. Berlusconi affida a una conversazione con Bruno Vespa per il suo nuovo libro, la bocciatura di una nuova maggioranza per non interrompere la legislatura. E questo mentre Fini lo incalza dicendo che non voterà nessuna legge che lo riguardi da vicino. Dice testualmente il presidente del Consiglio: «Non credo che il presidente della Repubblica potrebbe mai consentire un rovesciamento del risultato elettorale con al governo chi ha perso le elezioni e all'opposizione chi le ha vinte. Sarebbe un rovesciamento della democrazia». Ma ci sono anche altre ragioni che rendono «sconsigliabile» la strada del governo tecnico. «In un momento di crisi economica globale come questo, da cui ancora non si è usciti, le elezioni produrrebbero un danno grave al Paese. Si scatenerebbe - spiega il premier - una campagna elettorale con forti contrasti tra le forze politiche e i cittadini si chiederebbero come mai invece di lavorare per uscire dalla crisi, i signori della politica si occupassero solo di litigare fra di loro. Si creerebbe una situazione davvero sconcertante». Berlusconi mette anche i paletti a una rivisitazione della legge elettorale. «Il ritorno alle preferenze non farebbe vincere i migliori, ma quelli che hanno maggiori fondi a disposizione, rilanciando una forma di finanziamento della politica che è stata sempre criticata sul piano della legalità». Non regge poi la tesi di quanti sostengono la necessità di un cambiamento per impedire che i parlamentari vengano nominati dalle segreterie politiche senza quindi nessun aggancio con il territorio. Berlusconi chiarisce che si tratta di un falso problema. «Accadeva lo stesso con il sistema uninominale. Non erano i segretari di partito che stabilivano di mandare il candidato in un collegio sicuro, in uno incerto o in uno perdente?» E non è neppure vero che l'elettore non ha alcun potere di scelta. Il premier sottolinea che «l'elettore può decidere il suo voto al partito anche in base alla lista dei candidati presentati». Quanto al premio di maggioranza, «se non ci fosse non sarebbe nemmeno assicurata la stabilità dei governi». Berlusconi ha la risposta pronta anche per chi lo accusa di aver espresso candidature poco qualificate. «Fuor d'ipocrisia, si sa bene che i partiti mandano in Parlamento, accanto a persone esperte delle diverse materie, altre che oltre che una specifica capacità debbono garantire anche la presenza e il voto in commissione e in aula». Risponde anche alle critiche sul numero, considerato da taluni eccessivo, delle candidature femminili. «Le parlamentari hanno una presenza alle votazioni del 98/99 per cento. Ci sono dei parlamentari uomini che non arrivano al 50». Il presidente del Consiglio si esprime infine su una valutazione dei Tea Party lanciati negli Stati Uniti dai repubblicani: «Il sistema americano mi ha sempre interessato. I due partiti, leggeri fuori dalle stagioni del voto, diventano formidabili organizzazioni di comunicazione durante le campagne elettorali. E noi pensiamo di procedere nella stessa direzione». Lascia quindi intendere che nella riorganizzazione del Pdl punterebbe a una struttura molto snella capace di diventare una macchina di consensi al momento del voto. Ma la Lega cosa ne pensa del governo tecnico? Bossi ha le idee chiare: «Un governo tecnico verrebbe fatto col preciso compito di bloccare il federalismo. Ma la Lega se la caverebbe perchè il Nord muoverebbe delle masse enormi contro il centralismo italiano». La tesi di un cambio di passo viene caldeggiata dall'Udc. Il presidente Rocco Buttiglione è deciso: «Berlusconi dia le dimissioni e dica che in questi 24 mesi il mondo è cambiato drammaticamente. Per affrontare la crisi c'è bisogno di una maggioranza e un programma diverso da quello del 2008. Apra il confronto anche con il Pd. Rifiutteranno? Si prenderanno loro la responsabilità». E Bersani: Fini ora sia coerente e stacchi la spina.  

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